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Raccontare Una figlia
Ilcinematografo
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24/04/2025
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Cortometraggi
Trascrizione
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Adesso io devo andare, ti do mostro troppo chiaro.
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Oh, io papà.
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Sofì.
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Non mi chiamare Sofì perché non sei mia madre.
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Avete discusso di nuovo?
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Mi sembra sempre di darle fastidio, non lo so.
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Ne parliamo tutti insieme, ok?
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Se mi volete fermare, magari ce lo lasci per cenare.
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No, vederci.
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Diciamo, l'input che ci è stato dato a me e a Valentina,
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la sceneggiatrice, la mia compagna Perlan,
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è stata un po' la dichiarazione che fece il papà di Erika,
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tanto tempo fa l'avevamo visto su un'intervista,
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che appunto racconta qualche cosa,
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comunque rimane sempre mia figlia, questo era un po'...
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Poi abbiamo trovato questo libro e da lì l'abbiamo sviluppato.
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Ma quello che poi in realtà a noi interessava
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non era l'atto in sé che compie la ragazza,
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ma proprio questa, diciamo, riparazione, questa ricostruzione
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che per un uomo o una ragazza grande, maggiore,
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è molto diverso da una ragazza di 14, 15 o 16 anni.
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Quindi il nostro percorso che poi abbiamo affrontato insieme a lei
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nella scrittura, quindi passare in tutti i luoghi dove lei,
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tutti gli step per arrivare poi a questa riparazione,
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sono molto duri.
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Sono molto duri per una ragazza che fino a quel momento
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ha vissuto, diciamo, nel benessere.
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E quindi ti trovi catapultata in un inferno,
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in un mondo totalmente diverso.
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Poi c'è l'abitudine, è vero che piano piano ti abitui là dentro,
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però io credo che più che l'abitudine lì serve appunto la riparazione
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e quindi dare una possibilità ad alcuni ragazzi
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di riparare il danno che hanno fatto.
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Davanti ad una storia così piena di colpi, di scena, di emozioni,
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era facile anche, come dire, immergersi, immergerci sì completamente.
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Allora, in questo devo dire due cose.
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Sia l'incontro con Ivano, l'incontro artistico con Ivano,
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ha un modo di raccontare queste storie che ti abbraccia,
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non ti respinge emotivamente.
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E di questo me ne sono accorto subito dalla prima volta che mi ha parlato della storia.
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Ha anche un modo ormai, essendo questo film chiude una trilogia,
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tematicamente, ha un modo di affrontare le emozioni sullo schermo anche pudico,
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anche non si dimentica mai che le sta raccontando a qualcuno.
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Non so come dire.
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E allo stesso tempo non è mai, secondo me, ricattatorio,
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non è mai solo frontale, eccetera.
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E poi ridevamo.
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Ridevamo con Ivano.
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Questa cosa mi ha colpito perché è un set dove credo fosse una necessità ridere,
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sia per non lasciarsi sprofondare dentro queste emozioni,
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sia perché ridere, quando hai a che fare con una materia così drammatica,
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ti permette di mantenere una distanza che non ti fa perdere lucidità,
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o perlomeno credo che quello fosse il nostro tentativo,
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di non perdere la lucidità emotiva.
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Perché è facile, altrimenti, fare qualcosa che, come dire,
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quando si affrontano certe tematiche si può arrivare ad un limite,
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ad un livello emotivo che quasi diventa respingente.
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Mentre invece giocare un po' su quel crinale che è fra
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rifiuto l'emozione, la vivo oppure la vedo nascere
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può essere molto più coinvolgente dell'intento del film,
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cioè che cosa avrei fatto io al posto di quest'uomo, di questa ragazza.
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Il PM ha disposto l'arresto sotto forma cautelare.
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Che significa?
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Sofia! Sofia!
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Sofia ha confessato. È stata lei.
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Quando si parla di alcuni temi,
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o si tende, anche scrivendo, a drammatizzarlo ancora di più,
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oppure a alleggerirlo troppo.
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Io, sempre con difficoltà, ma cerchiamo di rimanere
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su un equilibrio instabile a volte, perché è molto difficile.
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Quindi anche entrare e raccontare delle dinamiche
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dentro a un carcere, che poi sono molteplici.
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Io ne ho raccontate alcune.
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Infatti non è un film sul carcere minorile,
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però è un film su una ricostruzione.
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Quindi quel percorso io volevo raccontarlo
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stando attento appunto a non cadere nel pietismo
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oppure a minimizzare alcune cose.
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E sono stato aiutato in questo caso sia da Ginevra Francesconi,
04:20
che la protagonista, ma anche da altri ragazzi
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che non avevano mai fatto nulla.
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Alcune che conoscevano un pochino quel mondo.
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Quindi insieme queste ragazze mi hanno dato veramente tante.
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In un momento c'è proprio questa amicizia tra ragazzine
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dentro un mondo chiuso, che è quello del carcere minorile.
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Quella è un'altra cosa che mi interessava.
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Molto delicata, un'amicizia che si crea là dentro.
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Prima violenta e poi diventa un'amicizia.
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Un'amicizia o perlomeno consapevoli che stanno tutte nello stesso luogo.
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Stanno a fallo che ha processo.
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Sono tutti fenomeni ma non stanno in televisione.
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Per lui non è facile adesso.
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Papà verrà, Sofia.
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No, non verrà.
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Hai ragione se non mi vuole vedere più.
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Quello che ha fatto l'ho fatto a me!
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Sicuramente partivamo da un copione che era molto pensato,
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molto scritto e molto accurato.
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E anche appunto da una visione registica molto precisa.
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Ivano tra l'altro gira in pellicola.
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È uno dei pochissimi autori che ancora girano in pellicola.
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Questo fa sì che si giri molto meno.
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Cioè le inquadrature vanno molto pensate prima.
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Per dire che c'era un pensiero dietro alle scene.
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Guarda, io credo che spesso la cosa che poi mi emoziona
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è che quando io vedo qualcuno parlare di qualcosa di estremamente doloroso,
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la telecamera ha uno strano effetto.
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La telecamera ti porta a mostrare le emozioni.
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Ma se sei una persona pudica, cerchi di trattenerle.
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Tendenzialmente.
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Quindi spesso si comincia a vedere una persona che parla
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di certe cose molto drammatiche e parlando,
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quasi uno non se ne accorge, sai,
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comincia a toccarsi il naso e fa una pausa un po' più lunga.
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E lì ti rendi conto che c'è una resistenza all'emozione.
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Ecco, abbiamo in parte applicato questo concetto.
06:04
In parte, invece, quell'urlo che non si sente avviene.
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E ho urlato. E come? E davo i pugni sul volante. E come?
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Però dietro a questo frastuono del lavaggio auto,
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dietro a questa schiuma che cade sul parabrezza.
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Ed è un po' un filtro di pudore che secondo me Ivano mette in pratica.
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Poi c'è anche il momento in cui tu vedi un personaggio
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che sta piangendo nella sua solitudine, nel suo momento privato,
06:26
più privato possibile.
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Credo che il dolore sia un'emozione molto complessa,
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cioè non si limita al piangere.
06:33
Quindi ci sono vari momenti di dolore, c'è il rifiuto,
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c'è la rabbia, c'è il senso di colpa.
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Il dolore è veramente estremamente articolato
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e abbiamo cercato con Ivano di metterlo in scena
06:45
nelle sue varie sfaccettature.
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Mi è piaciuto molto la documentazione, ma questo lo faccio su tutti i film,
07:01
quindi ho parlato sia con i giudici, ho parlato con gli assistenti sociali
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e gli educatori, che sono una figura fondamentale
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dentro le carceri minori, sono quelli che stanno più tempo con i ragazzi.
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Non sempre sono quelli buoni, perché se no sembra che sia sempre quello buono.
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Io ho cercato di dividersi, anche la guardia carcera, quella buona, quella cattiva,
07:18
per capire che è un mondo molto variegato, l'ho detto.
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Quello che interessava a me è vedere questa ragazza catapultata,
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sbattuta da una vita normale, regolare,
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a ritrovarsi in un luogo dove deve eseguire delle regole,
07:46
ferre, le alzate, tre volte le battute alle finestre della cella,
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ha una serie di cose, di attività da fare.
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E in tutto ciò vediamo questo cambiamento,
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questo che volevamo, questo cambiamento di questa ragazzina normale
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che poi a un certo punto diventa donna.
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C'è proprio quasi un... cambia anche, non dico il modo di parlare,
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ma proprio c'è il viso diverso.
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Lei si trova spaisala, ma veramente vorrebbe anche sparire da quel luogo,
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senta anche di farlo, in qualche modo.
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E poi, come a un certo momento, lei la vita la aiuta ad andare avanti.
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Quindi una figlia... è una doppia figlia, il nostro film.
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Anche se è la cosa che vorrei di più al mondo, non posso tornare indietro.
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Non sono più sicuro di niente, ma è mia figlia.
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Cos'altro posso fare?
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Io credo che la poetica di Ivano di entrare all'interno della famiglia
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e di non fermarsi al titolo, in questo mare di informazioni
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in cui ogni titolo deve essere più efficace dell'altro
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e si va spesso in una tendenza super di impatto, anche negativo.
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Il fatto di entrare con la macchina da presa in una famiglia,
08:58
e Ivano lo fa come sua poetica,
09:01
fa sì che appunto i rapporti vanno affrontati in un modo diverso.
09:04
Cioè tu hai una narrazione cinematografica di un'ora e mezza
09:07
in cui devi raccontare delle dinamiche complesse, estremamente complesse,
09:12
perché poi è facile generalizzare in negativo o in positivo dall'esterno,
09:17
ma in realtà la materia è sempre più complessa di quanto non sembri.
09:20
E lui giustamente entra in quella complessità
09:23
ed è questo, credo, che porterà chi vedrà il film a farsi delle domande,
09:28
che è un po' poi il mestiere del cinema, no?
09:31
Far sì che ci poniamo delle domande, soprattutto.
09:33
Un figlio deve smettere prima o poi di essere un figlio,
09:43
ma un genitore non può mai smettere di essere un genitore.
09:46
Qualunque cosa accada...
09:52
Ciao.
09:53
Ciao.
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