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  • 17 ore fa
Trascrizione
00:00Salve a tutti! Oggi ci immergiamo in una vicenda davvero complessa, che ha fatto il giro del mondo.
00:06Il caso dell'artista di strada russa Diana Loghinova. E lo faremo attraverso la lente
00:11di un articolo molto interessante di Federico Berti, intitolato Libertà di pensiero e PSYOP.
00:18Allora, ecco il nostro percorso. Partiremo dalla notizia così come l'abbiamo sentita tutti,
00:23per poi scavare un po' più a fondo. Vedremo gli aspetti legali, il ruolo dei media,
00:28il contesto musicale e infine arriveremo alle conclusioni, piuttosto forti, dell'analisi di
00:34Berti. Ok, cominciamo dalla storia che è arrivata alla maggior parte di noi. Quella della giovane
00:40musicista perseguitata solo per aver espresso le sue idee. La narrazione che ha preso piede,
00:46soprattutto sui media italiani e ucraini, è stata questa. Una ragazza di 18 anni, insieme al suo
00:52gruppo, finisce in manecche per aver cantato canzioni contro la guerra. Una storia semplice,
00:57d'impatto. Ma come ci fa notare Federico Berti nella sua analisi, forse un po' troppo semplice.
01:03Ed è proprio con questa frase, presa dall'articolo di Berti, che iniziamo a capire che c'è un altro
01:09livello di lettura. Quello, o così almeno secondo, è un campanello d'allarme, un invito a guardare
01:15oltre i titoli dei giornali per analizzare meglio i fatti. E allora spostiamoci. Lasciamo un attimo da
01:22parte la narrazione mediatica e andiamo a vedere i dettagli legali, i fatti nudi e crudi, così come
01:28vengono riportati nella nostra fonte. Ecco, questa sequenza di eventi è cruciale. L'articolo di Berti
01:35mette in luce un punto fondamentale. I problemi con la legge non iniziano subito, scattano solo
01:41dopo che un video delle loro esibizioni diventa virale, spinto da un'agenzia di stampa. E infatti,
01:47la prima multa non è per il contenuto delle canzoni, ma per disturbo della quete pubblica.
01:52È solo dopo, con le esibizioni ripetute e una denuncia specifica, che la situazione
01:57degenera. E qui il contrasto è, beh, è lampante. Da una parte abbiamo la narrazione semplice,
02:04arrestata per canzoni contro la guerra. Dall'altra le accuse ufficiali, quelle messe nero su bianco,
02:10disturbo della quete, recidiva e vilipendio delle forze armate. Il punto, sottolinea l'analisi,
02:16non è negare che ci sia stata una repressione, ma capire esattamente come si è attivata.
02:22E così arriviamo dritti al cuore del ragionamento di Federico Berti. L'idea,
02:27cioè, è che non sia stata la performance in sé a scatenare tutto, ma la sua amplificazione
02:33mediatica, forse neanche tanto spontanea. Più di mezzo milione di visualizzazioni,
02:39in una manciata di giorni. Ora, chiunque bazzichi un po' il web sa che numeri del genere
02:43raramente sono frutto del caso. L'articolo suggerisce che l'algoritmo sia stato, diciamo,
02:49aiutato. E così, una semplice esibizione di strada si trasforma in un caso mediatico nazionale.
02:55Ecco il punto chiave. Secondo Berti, gli artisti sono stati quasi incentivati a continuare. Le
03:01multe per disturbo della quiete pubblica erano probabilmente molto più basse dei guadagni
03:06che si potevano fare con la monetizzazione di quelle visualizzazioni. In questo modo,
03:11sono diventati, forse senza nemmeno rendersene conto, un ingranaggio in un meccanismo molto
03:16più grande di loro. L'autore dà anche un nome a questa dinamica, un nome che viene dal gergo
03:22geopolitico, guerra cognitiva. Si tratta, in parole povere, di quelle strategie che usano il dissenso
03:30interno di un paese come un'arma per fare pressione dall'esterno, magari con l'obiettivo
03:35di arrivare a un cambio di governo. Per capire fino in fondo la reazione delle
03:40autorità russe, c'è un altro pezzo del puzzle da mettere a posto. Dobbiamo guardare agli
03:45autori delle canzoni che Diana Loghinova e il suo gruppo suonavano. E i nomi non sono
03:51per niente casuali, eh? Noise MC, Pussy Riot, Mone Toshka. Non parliamo di artisti genericamente
03:57critici verso il governo. Parliamo di persone che Mosca ha messo in una lista nera, etichettandole
04:03ufficialmente come agenti stranieri, un'etichetta che ha conseguenze legali pesantissime.
04:08Guardiamo un po' più da vicino. L'analisi di Berti ci spiega che l'etichetta di agente
04:13straniero non arriva solo per le opinioni. Per Mone Toshka, per esempio, scatta perché
04:18il suo album è distribuito da una controllata di Sony Music. A Noise MC viene contestato di
04:24non aver messo l'avviso obbligatorio nelle sue comunicazioni. Le Pussy Riot, invece, vengono
04:29descritte come un fenomeno che ormai è più seguito in Europa che in Russia stessa.
04:33Ma cos'è questa legge in pratica? Beh, è abbastanza semplice. Se un artista in Russia
04:39riceve soldi da certe entità straniere, considerate da Mosca come parte di un apparato di propaganda,
04:45è obbligato per legge a mettere una specie di bollino, un avviso, su tutti i suoi canali
04:49social. Un obbligo che, secondo le autorità, questi artisti non avrebbero rispettato. E tutto
04:55questo ci porta alle riflessioni finali dell'articolo, che allargano il campo dal singolo
05:00caso a un fenomeno globale. Questa è la tesi finale, e francamente è piuttosto inquietante.
05:06L'analisi di Berti delinea uno schema. Si prendono giovani talenti, gli si dà visibilità
05:11e fama, gli si trasforma in simboli e poi, di fatto, gli si schiera come soldati in una
05:16guerra dell'informazione che è enormemente più grande di loro. E le conseguenze di tutto
05:22ciò? Beh, l'analisi le riassume bene. Da un lato, si è creata una spaccatura nell'opinione
05:27pubblica russa, divisa tra chi li difendeva e chi li accusava. Dall'altro, un'ondata di
05:33sdegno internazionale, che, secondo l'autore, si è trasformata nell'ennesima campagna antirussa,
05:38gettando altra benzina sul fuoco della polarizzazione.
05:42E chiudiamo con la domanda, decisamente provocatoria, che Federico Berti lascia in sospeso alla fine
05:48del suo articolo. Quando le stesse agenzie di stampa, che da un lato spingono una propaganda
05:53di guerra, dall'altro esaltano un certo tipo di pacifismo molto mirato. Stanno davvero
05:59lavorando per la pace? O è solo un'altra forma di violenza, mascherata da buone intenzioni?
06:05È una domanda su cui, credo, vale davvero la pena riflettere.
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