Sembrava una giornata di sport, si è trasformata nell'ennesimo, potente grido di libertà. Sull'isola di Kish, zona franca e vetrina turistica dell'Iran meridionale, è andata in scena una maratona che ha fatto tremare i polsi ai conservatori di Teheran. Oltre 5.000 persone hanno partecipato, ma a fare notizia non sono stati i tempi al cronometro, bensì i capelli al vento.
Moltissime donne hanno scelto di correre indossando magliette rosse e pantaloni sportivi, ma soprattutto senza l'hijab, trasformando la competizione in un gesto collettivo di autodeterminazione. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, ma che in patria sono costate care.
[idgallery id="2535518" title="Iran, la fotografa Forough Alaei dichiara guerra agli stereotipi di genere"] Iran, la reazione del regime alla maratona di Kish La risposta delle autorità è stata immediata e chirurgica. Non potendo fermare una marea umana, la magistratura ha colpito i vertici: due organizzatori della maratona sono stati arrestati. L'accusa formale è di «violazione della decenza pubblica». Secondo il sito della magistratura Mizan, i responsabili avrebbero permesso lo svolgimento della gara «in modo contrario alla pubblica decenza», ignorando i precedenti avvertimenti sui principi religiosi.
I media di regime e gli integralisti sui social hanno gridato allo scandalo, definendo l'evento addirittura una «Las Vegas della corsa», un'etichetta usata per denigrare quella che è stata, semplicemente, una richiesta di normalità.
[idarticle id="2584298,1514249,2252428" title="L'urlo della resistenza civile iraniana: «Basta guerra, basta uranio, basta dittatura»,Maratona per principianti: 10 cose da sapere spiegate dall'esperto,Le madri iraniane ora sono accanto alle figlie"] La forza dei numeri Nonostante i rischi e le minacce di una nuova legge su "Castità e Hijab" sempre più severa, le donne iraniane non smettono di resistere. La strategia è cambiata: la disobbedienza civile si fa forza del numero. Come racconta efficacemente una testimone: «Una “immorale” la puoi arrestare, ma duemila non è così facile», spiega Ghazaleh, giovane professoressa che corre a testa scoperta da due anni.
Le partecipanti sfidano le regole imposte sui loro corpi per reclamare spazio, visibilità e diritti, dimostrando che il movimento nato dopo la morte di Mahsa Amini è tutt'altro che spento.
[idgallery id="1171205" title="Iran, le donne tra passato e futuro"] Iran e velo: il dilemma del presidente Questo episodio riapre una frattura profonda ai vertici del potere iraniano. Da un lato c'è la magistratura intransigente, dall'altro il neopresidente riformista Massoud Pezeshkian, che aveva mostrato timidi segni di apertura e ora si trova stretto tra le richieste della società civile e la morsa dei falchi. L'isola di Kish doveva essere una vetrina economica, ma oggi è diventata il simbolo di un Paese dove correre a testa scoperta può essere un rischio, ma farlo insieme è l'unica via per la speranza.
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