Le donne sono davvero libere di vivere la maternità come vogliono? "Essere madre è la gioia più grande del mondo", "essere madre ti completa come donna, ti riempie", "essere madre dà un senso alla vita", "essere madre è un miracolo". Tutte queste frasi non sono né vere né false: possono esserlo. Sono potenziali verità individuali, non collettive. Eppure, sono le uniche frasi che il mondo sembra accettare sulla bocca di una donna quando si parla di maternità. Per questo, film come Die, My Love vanno ben oltre l’opera cinematografica. In questo film Jennifer Lawrence racconta sul grande schermo ciò che per secoli è stato etichettato come isteria, follia, devianza, anormalità. L’attrice mette in scena la tristezza, l'ansia e il senso di inadeguatezza che molte neo-mamme affrontano dopo il parto, ma che rimane ancora un tabù. È una denuncia alla società che spesso modella le donne a suo piacimento, ignorando la complessità dei loro vissuti. Nella storia del cinema, non sorprende, sono pochi i film che hanno trattato il tema della depressione post-partum (nonostante sia stata scoperta, dagli uomini, a metà dell’Ottocento). Ecco quindi un elenco dei pochi film che hanno provato a raccontare tutti i lati della maternità. [idgallery id="2003059" title="Depressione post partum: i sintomi e come uscirne"]
Maternity Blues (2011) Maternity Blues è uno dei rari film italiani che affrontano uno dei tabù più radicati della nostra cultura: l’infanticidio e il destino emotivo delle madri che lo compiono. Presentato alla 68ª Mostra del Cinema di Venezia, il film di Fabrizio Cattani, ispirato al testo teatrale From Medea di Grazia Verasani, scava in un territorio cinematograficamente quasi inesplorato. Al centro ci sono quattro donne recluse in una struttura psichiatrica giudiziaria: madri che hanno ucciso i loro figli e che ora vivono sospese tra colpa, silenzi e tentativi di sopravvivenza emotiva. La depressione post-partum qui non è una parentesi, ma un abisso che si apre quando le donne vengono lasciate sole, sommerse dal senso di colpa e dall’impossibilità di chiedere aiuto, e può degenerare. È un racconto coraggioso, che ci costringe a guardare ciò che la società tende ancora a ignorare. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=Gpw3h67AR9I[/embed] Tutto parla di te (2012) Alina Marazzi racconta la depressione post-partum attraverso la storia di Pauline, una donna matura che torna a Torino per comprendere un dolore legato al passato. Qui incontra Emma, una giovane madre in crisi che frequenta un centro di sostegno per donne con difficoltà dopo il parto. Le due storie – quella di chi cerca risposte e quella di chi sta affondando – si intrecciano in un percorso emotivo che rivela quanto la maternità possa essere fatta anche di fragilità, smarrimento e senso di colpa. Il film alterna finzione, materiale d’archivio e testimonianze reali, mostrando come la depressione post-partum non sia un’eccezione ma un’esperienza taciuta. Tutto parla di te dà voce alle madri che non riescono a “stare al passo” con l’ideale perfetto imposto dalla società e ricorda quanto la solitudine, se non accolta, possa trasformarsi in un dolore profondo e difficile da nominare. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=EtzuoXG_f7o[/embed]
Witches (2024) Attraverso la sua esperienza personale e le testimonianze di altre madri, il documentario Elizabeth Sankey mostra la solitudine, il senso di colpa e la paura che molte donne affrontano dopo il parto. Il titolo, “streghe”, richiama metaforicamente la storia di donne emarginate nel corso dei secoli, vittime di giudizi e paure infondate, e crea un ponte tra passato e presente, tra storia e esperienza contemporanea. Con uno stile tra documentario e video-saggio, Sankey intreccia immagini d’archivio, filmati e interviste, dando vita a un racconto potente e intimo che invita a riflettere su quanto poco spazio la società conceda alla complessità della maternità e alla salute mentale delle madri. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=SyFoGg-6TkU&t=19s[/embed] Tully (2018) In questo film, Charlize Theron interpreta una madre allo stremo delle forze, divisa fra un neonato, altri due figli, un marito, una casa e un corpo che non regge più il ritmo. La protagonista affronta la depressione post-partum con realismo e ironia amara, mostrando quanto la solitudine e lo sfinimento siano spesso normalizzati. L’arrivo di una misteriosa babysitter sembra offrire una via di fuga, ma si rivela uno specchio psicologico potentissimo. Il regista, Jason Reitman, non parla esplicitamente di depressione post-partum, ma ne mostra tutte le crepe: l’esaurimento, l’alterazione dell’identità, la solitudine anche in mezzo alla famiglia, il senso di non essere mai abbastanza. [embed]https://www.youtube.com/wat...
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