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  • 2 giorni fa
Ci sono catene che non tintinnano, ma stringono. Sono fatte di parole. Ogni giorno, senza accorgercene, ripetiamo formule che appartengono a un mondo ormai superato, a una cultura patriarcale che continua a vivere attraverso il linguaggio. Diciamo “uomo” per intendere “umanità”, “padreterno” per nominare il divino, “lavorare come un mulo” per esprimere fatica, “essere isterica” per sminuire un’emozione. E così, a ogni parola, rinnoviamo inconsciamente un’alleanza con l’antico potere dell’archetipo maschile dominante: colui che definisce, delimita, controlla.

Liberarci dal patriarcato non è una battaglia esterna, è una trasformazione interiore e linguistica. Il linguaggio è il respiro della mente collettiva: cambiare il modo in cui parliamo significa cambiare il modo in cui pensiamo, amiamo, creiamo.

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Cultura patriarcale: le parole come semi
Nel linguaggio immaginale ogni parola è un seme: contiene un’immagine, un mito, un’intera cosmologia. Quando pronunciamo una parola, evochiamo un mondo. Dire “signora” o “signorina”, ad esempio, non è neutro: evoca il potere di un maschile che definisce la donna in base alla sua relazione con un uomo. Anche frasi innocue come “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna” o “non fare la femminuccia” conservano un retaggio di gerarchie simboliche che si sono radicate nel corpo e nella psiche collettiva.

La decolonizzazione del linguaggio comincia nell’intimità: nel modo in cui parliamo a noi stesse. Ogni volta che diciamo “non valgo abbastanza”, “sono troppo sensibile”, “è solo un’intuizione”, stiamo sottomettendo l’anima femminile alla logica maschile della misura, della forza e del controllo. Ma il femminile è un linguaggio circolare, non lineare. È fatto di pause, silenzi, intuizioni, immagini, gesti.

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L’immersione nei boschi
[caption id="attachment_2637082" align="aligncenter" width="667"] Selene Calloni Williams invita a prestare attenzione alle parole che contraddistinguono la cultura patriarcale[/caption]

“Ogni volta che entro nel bosco, sento che le parole si ritirano come onde. Restano i suoni più antichi: il fruscio delle foglie, il respiro della terra, il canto dell’acqua. È come se il linguaggio della natura mi insegnasse di nuovo a parlare. Gli alberi non nominano, evocano. Non dicono ‘questo è un confine’, ma mostrano il modo in cui la luce si trasforma attraversandolo. In quella lingua silenziosa e viva, capisco che la parola non serve a possedere, ma a partecipare. Ogni sillaba diventa un atto di appartenenza, una foglia che cade e si lascia portare. Quando ritorno dal bosco, anche le parole umane mi sembrano più leggere, meno dure, più capaci di respirare”.

Questo passo ci ricorda che il linguaggio non nasce per dominare, ma per appartenere. Ritrovare la lingua del bosco, la lingua del silenzio, della reciprocità e della cura, è un modo per ricucire l’antica ferita tra parola e mondo, tra maschile e femminile. Descrivo questo meraviglioso cammino, di cui la natura è la prima e ultima Maestra, nel mio libro Shinrin Yoku, l’immersione nei boschi, in cui attraverso meditazioni e rituali indico alle donne una strada di grande respiro

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Il silenzio come rivoluzione
Nel buddhismo si dice che “la parola nasce dal silenzio e muore nel silenzio”. Il silenzio è la matrice di ogni linguaggio: è la madre delle parole. Ritornare al silenzio significa ritrovare la libertà originaria, prima che il linguaggio diventasse strumento di potere. Nel silenzio, le parole si purificano. Si spogliano delle convenzioni sociali e tornano a essere mantra: vibrazioni di verità, carezze di presenza.

Liberarsi dal patriarcato, allora, è imparare a parlare dal silenzio. Non per dire di meno, ma per dire da un luogo più profondo. Non per eliminare il maschile, ma per riconciliarlo con il femminile.

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Dal “dire” al “creare”
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Ogni volta che trasformiamo una parola, trasformiamo il mondo. Possiamo iniziare con piccoli gesti:

sostituire “uomo” con “essere umano”;
dire “creatrice” invece di “autore”;
riconoscere la forza delle parole intuitive, poetiche, sensuali, come veicoli di conoscenza;
parlare con amore, non per dominare ma per condivi...

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Trascrizione
00:00Ci sono catene che non tintinnano ma stringono, sono fatte di parole. Ogni giorno, senza rendercene
00:10conto, parliamo una lingua che non abbiamo scelto, una lingua antica, patriarcale, che ha insegnato
00:19alle donne a essere isteriche se provano emozione, signorine se non appartengono a un uomo, troppo
00:27se osano dire la verità. Liberarci dal patriarcato non significa combattere un nemico esterno,
00:36significa trasformare la lingua con cui parliamo, con cui pensiamo, con cui creiamo, perché ogni
00:44parola è un seme e ciò che seminiamo con la voce cresce nella nostra mente, nel corpo, nella vita.
00:53Nel mio libro Shirmin Gyoku, l'immersione nei boschi, ho scritto che ogni volta che entro
01:01nel bosco, le parole si ritirano come onde, restano solo i suoni, i suoni più antichi, il
01:09respiro della terra, il canto dell'acqua. Gli alberi non nominano, evocano, non dicono
01:17questo è un confine, ma mostrano come la luce lo attraversa. In questa lingua silenziosa e viva
01:26impariamo a parlare di nuovo, non per possedere, ma per appartenere, non per dominare, ma per
01:34partecipare al respiro del mondo. Lascia ora che ti guidi in una meditazione.
01:42Chiudi i tuoi occhi, lascia che le parole si adagino come foglie su un fiume, senti il flusso
01:55del respiro che entra ed esce, inspira e ricevi, espira e lascia andare.
02:05Ascolta il silenzio tra un pensiero e l'altro, è lì che la parola si purifica, è lì che nasce
02:19una lingua nuova, la lingua dell'anima. Ora porta l'attenzione al cuore, immagina che ogni
02:29battito permetta di fiorire a una parola dolce, amore, presenza, cura, intuizione. Ogni parola è un
02:46fiore del silenzio, ogni parola è una carezza che non ferisce ma genera vita. Benevolenza,
02:56benevolenza, benevolenza, benevolenza, benedire, benedire, benedire, dire bene. Un linguaggio
03:05che unisce il maschile e il femminile, il fare, l'essere, il suono e il respiro. Ripeti dentro
03:13di te, come un mantra, ogni parola è un fiore del silenzio, che io possa parlare solo parole
03:22che fioriscono. Quando tornerai a parlare, dopo questa meditazione, lascia che ogni tua parola sia un
03:35atto di pace, perché cambiare il linguaggio è già cambiare il mondo.
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