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Il piacere della lettura: l'intervista di Giulia Carla De Carlo a Dario Buzzolan
Quotidiano Nazionale
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5 mesi fa
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Benvenuti al Piacere della lettura, il podcast di Quotidiano Nazionale dedicato ai libri, agli scrittori, alle scrittrici e alle storie.
00:07
Oggi con noi Dario Buzzolan. Benvenuto. Buongiorno. Il libro di oggi è Baracca e Burattini, Mondadori.
00:15
Il romanzo ripercorre 100 anni, dal 1924 ai giorni nostri, e tre generazioni rotte che si susseguono.
00:23
I protagonisti, anche se ci saranno altre voci, sono tre, Hermes, Ranieri e Elle, però poi ci saranno anche tante voci.
00:31
E tu scrivi, dal sangue non ti liberi, il nostro sangue è la nostra condanna o maledizione o destino, quello dell'andarsene.
00:40
Perché l'espressione Baracca e Burattini ritorna spesso.
00:45
Come mai hai voluto scrivere questo romanzo? Da dove nasce l'esigenza e di che cosa volevi parlarci?
00:51
Beh, dunque, io intanto come sempre quando si scrive un romanzo volevo raccontare una storia
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e naturalmente le storie nascono un po' a metà strada tra la mente di chi le racconta e il mondo esterno
01:04
e quindi sono fatte di tanti segnali che si mescolano, che si incontrano.
01:10
Quello che mi interessava era soprattutto il concetto di andare via, di andarsene, di fuggire.
01:16
E per qualche motivo questa famiglia di cui racconto, come hai detto tu, cento anni e quasi quattro generazioni
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è segnata da un destino, qualcuno di loro lo chiama una maledizione, qualcuno di loro lo chiama appunto semplicemente destino,
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anche quello di andare via, di fuggire.
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A un certo punto tutti loro, il nonno Hermes, il figlio Ranieri, una dei figli di Ranieri che è poi la protagonista vera e propria del romanzo
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che si chiama L, tutti quanti soprattutto abbandonano la loro zona di comodità, la loro casa, sia in senso proprio sia in senso metaforico
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e se ne vanno per costruzione, per fuga, per paura, per necessità.
02:00
E quindi tutta la storia è una storia di faticosi tentativi di tornare, cioè tutti i personaggi se ne vanno
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e solo uno riuscirà a tornare davvero, naturalmente non dico chi perché la storia va.
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Ma come succede spesso nei destini, i destini si compiono non necessariamente nell'arco di una vita,
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magari c'è bisogno di più vite per compiere un destino e questo è proprio il caso di questa famiglia
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che riesce a redimere il proprio destino di fuga soltanto attraverso lo scorrere di più generazioni.
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Interessante è anche lo stile narrativo, è diviso in parti, è diviso in capitoli dove ci sono le voci dei protagonisti
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che parlano in prima persona, L appunto è la protagonista ma ci sono le altre voci
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e anche la punteggiatura è un amico nel nostro leggere.
03:02
Come mai hai voluto fare questo stile non consono, non normale, non usuale?
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Perché in realtà la punteggiatura è una sorta di compagno che abbiamo dentro di noi
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e che regola il flusso della nostra voce interiore.
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A di là delle regole della punteggiatura quando poi mettiamo i nostri pensieri sulla pagina scritta,
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ogni flusso di coscienza, ogni pensiero, ogni soliloquio ha una sua punteggiatura
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e c'è chi come El, ragazza che fa l'attrice, che ha una certa dimestichezza anche con le sostanze stupefacenti,
03:45
la sua voce è una voce quasi senza punteggiatura, fatta solo di virgole perché lei è un filmo in piena,
03:50
lei aggredisce la vita.
03:52
Ci sono invece personaggi come Ranieri, suo padre, che fa l'oncologo, che è uno scienziato,
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che sono, diciamo così, fatti di, non dico sillogismi, ma di ragionamenti sempre ferrei,
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di logiche ordinate, quindi la sua voce ha una logica interna fatta di frasi ben costruite,
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ben composte, laddove invece la figlia tende a rompere qualunque regola sintattica.
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Quello che mi interessava era raccontare non solo la storia, ma anche il fatto che le storie,
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quindi la realtà, sono sempre questioni di punti di vista, quindi mi interessava raccontare la storia
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attraverso le voci personali dei personaggi che vi prendono parte e anche nelle loro differenze,
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cioè queste voci si passano al testimone, raccontano un pezzo di storia a ciascuno,
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ma a volte raccontano lo stesso pezzo di storia da due punti di vista differenti,
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quindi magari arrivano anche a contraddirsi. Naturalmente alla fine scopriremo qual è la verità,
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perché c'è una verità, non è soltanto un gioco di specchi, però questo è un percorso,
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diciamo la verità accade, non è una pietra o qualcosa di oggettivo e definito,
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è qualcosa che accade anche nell'interazione tra i personaggi.
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Appunto parliamo di generazioni che si susseguono, quindi il rapporto e le relazioni padri-figli,
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figlie, anche madri, è molto importante. Tu scrivi, svanito io avrei lasciato qualcosa e qualcuno.
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I figli rappresentano secondo te l'immortalità dei genitori?
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No, assolutamente, a volte possono determinare la morte dei genitori, non in senso proprio,
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ahimè può anche succedere questo, ma diciamo che questa è una storia in cui i figli non necessariamente
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sono compimento dei padri, anzi tendenzialmente i figli sono ombra del padre e anche in una certa misura
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delle madri e i genitori sono ombra dei figli, cioè sono il loro lato oscuro, ma non vorrei che lato oscuro,
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quest'ombra che torna lungo tutto il libro e che perseguita i personaggi, L dice noi fuggiamo
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proprio da quell'ombra e la scrive con la O maiuscola, non vorrei che l'ombra fosse intesa
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come qualcosa di negativo, cioè la verità si scoprirà soltanto quando si troverà il modo
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di andare incontro a quest'ombra, quando si troverà il modo di smettere di sfuggirla
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e l'ombra è ciò che onestamente dobbiamo riconoscere che non ci piace quando ci guardiamo
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allo specchio. L'unico modo per farci conti è accoglierla.
06:45
Un luogo importante nel tuo libro è la Casa Blu che la vediamo proprio costruire, prima non c'era,
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era un tronco in un armadio, poi piano piano cresce, cresce e diventa proprio quasi il luogo
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deputato dei protagonisti. Quanto sono importanti i luoghi per le persone?
07:01
Fondamentali. In questo libro ci sono sei voci narranti, più diversi altri personaggi come
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accennavi tu e io dico sempre che la Casa Blu è un ulteriore personaggio che non è vivente ma è vivo,
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nel senso che è l'unico centro attrattivo che in qualche modo attira a sé nell'arco di quasi 100 anni
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tutti i personaggi. È l'unico elemento della storia che ha la capacità di richiamare a sé questi personaggi
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in fuga e naturalmente nella Casa Blu c'è tutta la loro vita, questa casa che nasce come baracca
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sulla spiaggia poi diventa sempre più bella, sempre più accogliente, però naturalmente come tutti i luoghi
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custodisce un segreto materiale o immateriale. Svelare questo segreto potrebbe essere la chiave per redimare
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il destino di fuga di tutta la famiglia.
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In 100 anni ovviamente la storia è cambiata tantissime volte, c'è la guerra, ne parli,
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però quello che cadenza forse dà il ritmo alla storia è la scienza, quindi le scoperte scientifiche,
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i pianeti, l'allunaggio eccetera eccetera. E dall'altra parte c'è anche questa contrapposizione,
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come dicevamo prima non è per forza un contrasto, con la religione. Tu scrivi se lassù ci sono
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quelle stelle bellissime, non c'è nessun bisogno che ci sia anche un Dio, Dio è l'esatto contrario
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delle stelle. Che cosa volevi dire con questa frase?
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Questo secolo che accompagna la storia di questa famiglia, cioè 1925-2025, è un secolo in cui il mondo
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è cambiato più di quanto fosse cambiato nei precedenti mille anni. Siamo passati da quella che è la rivoluzione
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industriale avanzata, compiuta eccetera, alla diffusione gigantesca di tutta una serie di
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innovazioni tecnologiche e quindi ovviamente non si può fare a meno di far incontrare ai personaggi
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di questa storia tutto ciò che accade e che cambia nel corso degli anni. Sono tutte cose che rimangono
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sullo sfondo e naturalmente siccome tutti i personaggi in qualche modo, dando risposte
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differenti, si pongono il problema di Dio, naturalmente questo è un tema che si incontra e si scontra.
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Diciamo le conquiste scientifiche e tecnologiche negano la possibilità di un Dio, qualcuno dei
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personaggi risponde di sì, qualcuno dei personaggi risponde di no. Naturalmente la cosa più importante
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è poi la risposta che si dà il lettore alla fine del libro. E tanti dubbi ci metti in questo libro,
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infatti tante domande, ci sono tante domande tra cui forse quella centrale, proprio perché sta al centro
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del libro nella parte centrale, è l'eutanasia. Ranieri diventa medico, poi sappiamo che ha avuto
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contrasti col padre perché il padre non voleva, però diventa medico, dona la sua vita ai pazienti,
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però a un certo punto gli fanno una domanda, è una domanda che lo sconvolge totalmente e lui si
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domanda e si domanderà per sempre, fino alla fine, se è giusto o meno dare la morte, anche se è dolce.
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Ranieri fa l'oncologo perché vuole salvare le persone, però molto rapidamente si rende conto
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che molti dei suoi pazienti non possono essere salvati. Il giorno in cui uno dei suoi pazienti,
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insieme alla moglie, viene a dirgli, lei ha detto che non si può più fare niente, in realtà qualcosa
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si può ancora fare. Lui all'inizio fa finta di non capire, poi capisce perché si tratta
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di un uomo intelligente e si rende conto che ciò che può ancora fare è aiutare il paziente
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a non soffrire. E la domanda che lui si pone, e dal suo punto di vista di uomo laico, votato
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la scienza, la ragione, può essere solo una, la domanda è di chi è la vita se non
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di chi la vive? C'è qualche altra autorità, lo Stato, la religione, un Dio, che può decidere
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della vita di una persona che non vuole più viverla? Per lui ha una sola risposta, la vita
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di chi la vive. Il problema nasce nel momento in cui lui su questa risposta fonda una battaglia,
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una battaglia pubblica, che gli attira una quantità di attacchi, cioè gli rende la sua
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stessa vita invivibile. Lui la battaglia la compie fino in fondo e naturalmente sempre
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con la consapevolezza che questo paese non ha mai voluto scrivere una legge su questo tema,
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non sull'eutanasia, ma anche solo sul suicidio assistito. Oggi il suicidio assistito è consentito
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solo e unicamente grazie a una sentenza della Cassazione, che è fra giurisprudenza, però
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naturalmente non spiega come si può fare questa cosa. È un tema al quale io non voglio dare
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risposte. Io ho una mia opinione, forse la mia opinione si sente all'interno del libro, ma
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come sempre la vera risposta deve darla il lettore, perché un buon racconto forse può porre
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delle domande, ma evitare di dare troppe risposte. Un altro tema che alleggia nel libro, anche perché
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in cento anni per forza si deve affrontare la morte, ci sono ovviamente persone che muoiono nel corso,
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c'è la morte che insegue, c'è la morte che c'è, Ranieri è oncologo, quindi la vede e la dà in qualche
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modo e mi è sembrato come se la morte fosse una bilancia, la bilancia sociale, questo che volevi dire.
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È qualcosa che ci costringe a fare i conti con lei e quindi la vita deve essere considerata
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sempre e comunque in base al fatto che a un certo punto finisce. Infatti una delle ossessioni di
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Ranieri avvicinandosi alla morte è proprio quella del ricordo che lasci agli altri dopo, perché dice
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dopo, tu non ci sei più, non ti puoi più difendere da chi dirà che è un cattivo padre, un cattivo
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medico, un cattivo... quindi a un certo punto uno dei suoi scrupoli è cominciare a scrivere
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un diario, una cosa in cui dice la verità, lui lo chiama proprio in questo modo, la sua verità,
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cioè in cui spiega, ammette quello che ha sbagliato, spiega perché l'ha sbagliato, ammette anche
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quello che dal suo punto di vista ha fatto, diciamo, correttamente. La morte è quello
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che è l'orizzonte da cui la vita emerge e verso cui la vita va. Quindi inevitabilmente
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non può essere che giudizio, ma non giudizio inteso in senso giudizio universale, giudizio
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religioso, ma anche soltanto giudizio di quelli che restano su chi se n'è andato. Da questo
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punto di vista ho lasciato anche questo personaggio in sospeso, Hermes, che è il padre di Ranier,
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il nonno di Elle, classe 1925, che a cent'anni della sua nascita ancora, lui dice testualmente,
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non riesco a morire. Continua a vivere e quindi non riesce mai ad arrivare a questo momento
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di, come posso dire, resa dei conti. Parlavi di diario e nel tuo libro parli anche di lettura
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e di scrittura e di nuovo di lettura della scrittura del diario. E tu scrivi, c'era l'idea
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che leggere libri non fosse soltanto un passatempo, bensì un'autentica ricostruzione del tempo,
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lo addensava, lo trasformava in uno spazio ordinato, gli conferiva corpo. Quanto è importante
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leggere? Leggere è fondamentale, naturalmente purtroppo è qualcosa che non si può imporre,
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soprattutto in un mondo dove tutto è velocissimo. Adesso io dico una banalità, ma è così,
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cioè spiegare a un ragazzo giovane che un romanzo di Dickens può dare le stesse emozioni
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che da un videogame, che le due cose non sono in contrapposizione, che le due cose possono
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convivere e danno emozioni magari con dinamiche diverse, ma danno le stesse emozioni. Non è
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facile, però è una battaglia, tra virgolette, che può essere vinta. Cioè nel momento in cui
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tu scopri davvero la lettura non torni più indietro. Legge è comunque sempre creare una sorta
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di apertura, di radura nel tuo spazio e nel tuo tempo, alla quale poi è impossibile rinunciare.
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Io questo lo vedo, vedo anche io, ho un figlio che ha quasi 19 anni e che ha scoperto la lettura
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a un certo punto e da lui ho capito che non si può imporre, ma puoi fare in modo che a
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un certo punto germini. Senza mai cercare di presentare i libri come meglio di tutti gli
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altri media più rapidi, più a volte divertenti, eccetera. Semplicemente raccontandolo come qualcosa
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che, in fin dei conti, quando nacque il cinema si disse che il teatro sarebbe sparito, non
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è successo. Quando sono nati i videogame, anzi ancora prima, quando è nata la televisione
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si disse che il cinema sarebbe sparito, non è successo. C'è posto, c'è posto per tutti.
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Oggi, al piacere della lettura, abbiamo parlato di Baracca e Burattini, di Dario Buzzolana
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e di Don Mondatori. E tu Dario, quale libro consiglieresti per il piacere della lettura?
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Guarda, oggi ho portato un libro fuori moda, è la poetica di Aristotele. Aristotele passa
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sempre, nonostante sia stato uno dei più grandi filosofi della storia, come quello che
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ha detto delle bestialità, il sistema aristotelico che poi con Copernico, con Galileo cade, eccetera,
17:19
eccetera. Sì, in effetti quella delle sferi celesti che giravano una sull'altra, anche se funzionava,
17:28
non è esattamente una descrizione veritiera. Però Aristotele è anche quello della poetica
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e la poetica è quel libretto, ahimè, incompleto, cioè è arrivato soltanto alla parte sulla tragedia
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e non sulla commedia, come ha insegnato Umberto Eco nel Nome della Rosa, però qui ha fissato
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le regole di come si racconta una storia. E qui ha fissato anche una cosa fondamentale,
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cioè qual è il rapporto tra raccontare una storia e lo scatenarsi delle emozioni all'interno
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del lettore. E la cosa della catarsi delle passioni, che è stata interpretata in mille
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modi, ha fatto versare fiumi di inchiostro, resta ancora oggi folgorante. Non si può scrivere
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una storia o tentare di scrivere una storia senza essere passati da queste poche paginette.
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Qui ci sono, questo è il libro su cui ho studiato all'università, ne ho anche un'edizione
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bella, eccetera, ma non va bene per studiare. E 40 anni dopo mio figlio ci ha messo tutti i
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post-it per l'ultimo anno di liceo classico e quindi lo ha vissuto in questo modo. E questo
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è un libro che vive, nonostante edizione economicissima, vive da molti, molti anni.
18:42
Grazie mille.
18:43
E di che, a voi.
18:47
Grazie mille.
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