A chiunque è successo di trattenere le lacrime in pubblico. In metro, camminando per strada, nei bagni dell'ufficio dopo una brutta giornata. È quasi istintivo nascondersi, perché piangere davanti agli altri significa esporsi, mostrarsi vulnerabili e quindi deboli. Eppure, in Giappone, sono nati dei luoghi specifici per permettere alle persone di dare sfogo liberamente a stress, tristezza, malinconia e rabbia: i Crying Café. Luoghi intimi e protetti in cui chiunque può lasciarsi andare, consapevole che anche gli altri sono lì per lo stesso motivo. Una piccola rivoluzione sociale ed emotiva che trasforma il pianto in un gesto collettivo e liberatorio.Un modo per riconoscere la tristezza come umana e quindi accettarla. [idgallery id="1770746" title="Le sane abitudini contro ansia e depressione"]
Come sono nati i Crying Café? I Crying Café nascono da un bisogno molto concreto: offrire uno spazio sicuro per esprimere emozioni che spesso nella vita quotidiana vengono represse. In Giappone, la società tradizionale valorizza il controllo emotivo e la compostezza; piangere in pubblico è ancora visto come un tabù, soprattutto per le donne. [idarticle id="2571702" title="Perché l’esercizio fisico tiene lontana la depressione"]
Il potere liberatorio delle lacrime e il concetto di rui katsu I Crying Café nascono dal concetto di rui katsu, letteralmente “ricerca delle lacrime”: un movimento giapponese, nato nel 2013, che promuove il pianto come pratica terapeutica ed emozionale. Durante le sessioni di rui katsu, spesso organizzate in aziende o centri benessere, i partecipanti guardano film commoventi o ascoltano musica triste per favorire la liberazione emotiva. In un Paese dove piangere in pubblico è ancora considerato un tabù, questi incontri hanno rappresentato un cambio culturale profondo: un invito a riconoscere la vulnerabilità come forza, non come debolezza. Nel 2020, alcuni imprenditori hanno aperto i crying café sotto forma di piccoli locali o stanze d’hotel dedicati esclusivamente a chi desidera piangere. [idgallery id="1477593" title="Autostima ed emozioni positive: 10 consigli del life coach"] [idarticle id="2439737" title="Piangere fa bene (nel posto giusto)"]
Chi entra nei Crying Café? A Tokyo, nel quartiere bohémien di Shimokitazawa, esiste il Bar Mori Ouchi, uno dei primi locali dedicati al “pianto libero”. All’ingresso, un cartello avvisa con ironia: Negative people only (Solo chi si sente triste può entrare). L’ambiente è accogliente, con luci soffuse, legno chiaro e piccole cabine private. Si entra da soli, si ordina un drink e si può scegliere se guardare un film, ascoltare musica o semplicemente restare in silenzio.Le donne possono accedere liberamente, mentre gli uomini sono ammessi solo se accompagnati: una scelta pensata per creare un contesto ancora più protetto e confortevole per chi desidera lasciarsi andare senza timore. [idarticle id="2636242" title="Giappone, con due libri e tre ricette illustrate per sentirsi a Tokyo"]
Le “stanze del pianto” negli hotel Il concetto si è esteso anche al mondo dell’hôtellerie. Al Mitsui Garden Hotel Yotsuya, nel centro di Tokyo, esistono vere e proprie crying room, camere pensate per accogliere chi ha bisogno di piangere in tranquillità. Per circa 10.000 yen a notte (poco più di 60 euro), gli ospiti trovano fazzoletti ultra morbidi, lenzuola calde, mascherine riscaldate per gli occhi e una selezione di film da "lacrime assicurate” come The Notebook, Forrest Gumpo One Day. Non mancano nemmeno i manga più toccanti e le playlist curate per favorire l’emozione. L’obiettivo? Trasformare il pianto in un rituale di benessere, un piccolo lusso emotivo da concedersi senza sensi di colpa.
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