L’abete rosso, pianta di alta montagna, ha delle parti edibili, se colte in natura e prive di trattamenti chimici conservativi. A dirlo è Valeria Margherita Mosca, antropologa culturale specializzata in etnobotanica e forest bathing, nonché fondatrice di Wood*ing – wild food lab, laboratorio di ricerca sull’utilizzo del cibo selvatico.
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Secondo Wood*ing, occorre sempre scegliere luoghi incontaminati, lontani da terreni industriali, strade o campi, che siano esenti da metalli pesanti, pesticidi e altre sostanze tossiche. «L’abete rosso si riconosce perché ha il portamento del classico albero di Natale a V rovesciata, e ha dei coni – quelli che comunemente chiamiamo pigne – sempre rivolti verso il basso e che cadono a terra interi».
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«Dell’abete rosso si mangia quasi tutto – spiega Mosca –. I rametti hanno un tono piacevolmente amaro e un gradevole tono balsamico. Le foglie aghiformi sono molto versatili. L’abete si accompagna anche ai formaggi».
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