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Trascrizione
00:00Grazie a tutti.
00:30Mario papà me lo ricordo un po' birichino. Mi portava spesso con la slitta su una piccola
00:49discesa e poi ritornavamo a casa, bagnati da cima in fondo tutti e due e con quello faceva
01:00arrabbiare la mamma, me lo ricordo così quando ero proprio piccolo.
01:05Parlava molto malvolentieri delle sue esperienze di guerra e anche dei campi in cui era stato
01:26rinchiuso. Quando aveva la febbre alta gridava e ricordava tutte queste vicende tragiche che
01:40aveva vissuto e lo facevano sussultare nel letto, lo facevano gridare, lo facevano ritornare
01:49come le stesse vivendo nello stesso momento.
01:56Il governo italiano, riconosciuto la impossibilità di continuare la imparilotta contro la soverchiante
02:16potenza avversaria, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle
02:23porte alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
02:28Nel settembre del 1943, oltre 650.000 soldati italiani, catturati dalle truppe di Hitler,
02:46si rifiutarono di continuare a combattere accanto ai nazisti e ai fascisti.
02:50pagarono a caro prezzo quel nome, quasi due anni di prigionia nei lager del Reich, dove
02:58soffrirono la fame, il freddo, il lavoro forzato. I tedeschi li chiamarono IMI, Internati Militari
03:07Italiani.
03:07Quando mio padre è entrato in casa, è venuto subito nella mia stanza e io, quando lui era
03:20stato catturato, ero troppo piccolo per avere un ricordo della sua immagine. Mi sono trovato
03:26davanti un uomo con la faccia magra, gli occhi spiritati, un paio di baffi enorme e mi sono
03:34spaventato, sono scappato via.
03:41Mio padre non ha mai amato parlare di quel periodo. Quei due anni lui li sintetizza con
03:47una fotografia, l'unica che c'è del campo di prigionia, con una didascalia. 1943-1945,
03:56due anni difficili.
03:57Cose viste coi propri occhi non si dimenticheranno mai più. Prisioniero di guerra, Rossi Giovanni,
04:11classe 1923.
04:14Quella degli IMI è una storia di resistenza che ha coinvolto migliaia di famiglie italiane,
04:20ma che oggi abbiamo quasi dimenticato. Ce la raccontano ora i figli e i nipoti di alcuni
04:25ex internati. L'abbiamo cercata tra le pagine dei diari, negli oggetti custoditi al Museo
04:31di Padova, nelle fotografie scattate in segreto nei lager da due uomini di nome Vittorio Vialli
04:36e Sergio Manfredi. Poi l'abbiamo letta nei disegni che qualche soldato, come Agnello Ecco
04:43di Napoli, oppure Gino Spalmac, pittore romano, riuscì a realizzare di nascosto con i pochi
04:49pastelli che aveva a disposizione.
04:51C'era una volta un prigioniero. No, c'era una volta un bambino. Meglio ancora.
05:21C'era una volta una poesia. Anzi, facciamo così. C'era una volta un bambino che aveva
05:31il papà prigioniero. E la poesia? Direte voi, cosa c'entra? La poesia c'entra perché
05:38il bambino l'aveva imparato a memoria per recitarla al suo papà la sera di Natale. Ma,
05:44come abbiamo spiegato, il papà del bambino era prigioniero in un paese lontano.
05:53Nell'estate del 1943, a tre anni dallo scoppio della guerra, il regime fascista iniziò a
06:00crollare. Il 25 luglio Mussolini venne destituito dal re Vittorio Emanuele III, che nel 1922 gli
06:08aveva affidato il potere. Molti speravano che con la caduta del duce finisse anche la
06:13guerra. Ma non andò così, perché si continuò a combattere accanto alla Germania. I tedeschi
06:20in realtà sospettavano che gli italiani stessero per voltare loro le spalle. E infatti, l'8 settembre
06:261943, l'Italia si arrese. L'ex soldato milanese Giuseppe Pagnoni, che oggi ha 101 anni, ricorda
06:36bene quel giorno. Si trovava a Trento.
06:38Non c'è più in giro neanche un tedesco. Allora entro dentro in caserma. I vecchi, quelli
06:50che erano già fatti tre, quattro, cinque anni di militare, quelli lì sono andati un po'
06:58in estadi. Bicchieri, vino di qui, vino di là, boccia ciao, braccio, l'è finita, l'è finita,
07:06l'è finita. E' venuto l'ordine di dormire vestiti, di sdraiarsi sulla branda e stare in
07:16attesa.
07:24In quelle settimane, nelle fila del reggio esercito, c'era totale confusione. Senza indicazioni
07:31chiare, le truppe, in Italia, nei Balcani, in Grecia, nel Mediterraneo orientale e nella
07:37Francia occupata, si sfaldarono rapidamente. La reazione dei tedeschi fu immediata. I vertici
07:43militari avevano da tempo messo a punto un piano chiamato Operazione Axe, che prevedeva
07:49l'arresto, il disarmo e la deportazione sistematica dei soldati italiani. Migliaia di militari vennero
07:57così caricati su vecchie navi o su carri ferroviari utilizzati normalmente per il trasporto
08:02di merci e bestiame. Come quello che possiamo vedere ancora oggi al Museo dell'Internamento
08:08di Padova.
08:09Papà si vantava perché lui era un coraggiovo e lui raccontava l'unica volta nella mia vita
08:19che ho avuto davvero una paura terribile è stato quando durante questo lunghissimo viaggio
08:26infinito il treno a un certo punto si ferma e viene consentito a questi militari italiani
08:33sotto controllo delle guardie tedeschi di scendere e si ritrovarono improvvisamente circondati
08:42da questi ustascia croati che erano delle milizie filo naziste di una ferocia estrema e puntarono
08:54le armi contro questi italiani e si trovarono a essere salvati paradossalmente dai nazisti
09:01che arrivarono e dissero no no sono i nostri prigionieri.
09:06Siamo arrivati in un posto che c'era un muro e sopra c'erano tre cosentinate e noi dicevamo
09:19un cimitero quello lì era uno stadio era uno stadio tipo San Siro e lì ho visto ancora
09:27i lampioni a gas dopo un bel giorno brutto giorno siamo andati sempre a piedi al campo tredicesimo di
09:41di Norimberga con tutto il filo spinato in giro con le torrette.
09:48Furono circa 810 mila i soldati italiani deportati nei campi di prigionia del Reich.
09:58Alcune migliaia morirono ancora prima di arrivare pochi riuscirono a scappare durante il viaggio.
10:04I lager erano sparsi in Germania, in Austria, nei Paesi Bassi, in Polonia, in Ucraina e persino
10:10oltre i confini dell'Europa centrale. I militari di truppa e i sotto ufficiali furono rinchiusi
10:16negli Stam Lager conosciuti come Stalag mentre gli ufficiali furono destinati agli Uffizias Lager
10:22detti Offlag. All'arrivo nei campi viene posta subito di fronte una scelta. Si desidera proseguire
10:33a fianco dell'esercito tedesco oppure si rimarrà nei campi in condizioni che già si sono immaginate
10:41durante il trasporto. All'incirca un 103 mila accetterà di tornare in Alta Italia e di combattere
10:49a fianco della Germania nazista, ma più di 650 mila risponde che non ha alcuna intenzione
10:57di continuare a combattere.
11:01Tra le baracche dell'Offlag 10B di Sandbostel, il 19 settembre 1943, anche un giovane ufficiale
11:08italiano rispose all'appello. Si chiamava Giovannino Guareschi. Oggi lo conosciamo soprattutto
11:14come autore dei racconti che hanno dato vita a Peppone e Don Camillo, due personaggi così
11:19familiari che ci sembra quasi di incrociarli passeggiando tra le stanze di casa Guareschi
11:24a Roncoleville. Ma prima del successo letterario, Guareschi fu un prigioniero di guerra, un numero
11:31fra i tanti, il 6.865. La decisione di mio padre di non collaborare con i tedeschi è stata
11:44legata ad un fatto che oggi potrebbe sembrare quasi un optional, cioè fedeltà ad un giuramento.
11:53Mio padre, come ufficiale di complemento, aveva giurato fedeltà al Re d'Italia.
12:00Quando si giura, si chiama testimone Dio, per cui uno, prima di infiangere un giuramento,
12:07ci pensa su bene perché ha chiamato Dio testimone e dopo si deve vedere con lui.
12:12E in più c'era anche un'altra necessità, che era quella di tenere fede alla propria dignità di uomo.
12:22Su ordine dello stesso Hitler, il 20 settembre 1943, i militari italiani nei campi vengono definiti
12:35internati militari italiani. Imi, cioè, sono di fatto dei prigionieri di guerra, però riconoscere il loro stato di prigionieri
12:47avrebbe voluto dire concedere loro delle minime tutele che si concedevano ai militari catturati,
12:54le tutele previste dalla Convenzione di Ginevra. Chiamandoli, invece, internati militari italiani,
13:01un unicum giuridico non esistente fino ad allora, il regime nazista priva i militari italiani di tutte le tutele possibili.
13:13Quando fu evidente che gli internati militari italiani non potevano essere reintegrati come combattenti,
13:20Hitler cambiò rotta, decise di trasformarli in forza lavoro al servizio della macchina bellica del RAI.
13:27Così migliaia di prigionieri, con l'eccezione degli ufficiali, tutelati dal diritto internazionale
13:33e quindi esclusi dal lavoro forzato, furono destinati alle miniere, alle fabbriche, ai cantieri ferroviari.
13:40Ogni braccio diventava utile, ogni corpo una risorsa da sfruttare per sostenere una guerra che sembrava non finire mai.
13:49Non c'era alcuna assistenza medica, non c'erano neppure i medicinali.
13:57La fame era un rovello ossessivo, le calorie erano di circa mille al giorno,
14:05si poteva scendere addirittura fino a 700 calorie.
14:09Alcuni cercavano anche di rubare dalla spazzatura le patate o le bucce di patate
14:15che in alcuni casi si tentava anche di barattare il cibo con i capi di biancheria
14:21che in realtà poi pregiudicavano anche la sopravvivenza dello stesso detenuto
14:28che non aveva ovviamente nulla per poi proteggersi.
14:35Nonostante la fame, il freddo, le malattie, migliaia di militari italiani
14:40continuarono a rifiutarsi di collaborare con il RAI.
14:44Il loro no non fu pronunciato una volta sola all'arrivo nei campi,
14:49divenne resistenza quotidiana, una scelta ribadita ogni giorno sotto pressioni crescenti.
14:56A cercare di piegarli furono anche gli emissari fascisti
14:59inviati nei lager dopo la liberazione di Mussolini da Campo Imperatore
15:03il 12 settembre 1943 e la proclamazione della Repubblica Sociale Italiana.
15:09ingannato, malmenato, impacchettato, internato, malnutrito, infamato,
15:15invano mi incantarono, inutilmente Mussolini insistette,
15:18il Dio mi illuminò, inverno malattie infierirono,
15:22invano mangiare implorai, implorai medicinali, indumenti,
15:26Italia mi ignorò, invocai morte immediata, impazzivo, ma insistetti.
15:32Eravamo numeri, non più uomini.
15:37Il mio era 7.943, scrisse Mario Rigoni Stern.
15:42Aveva lasciato il suo amato altopiano di Asiago
15:45per combattere come alpino sul fronte francese,
15:48poi su quello greco-albanese e infine nella gelida campagna di Russia.
15:52Da quell'esperienza nacque il suo libro più famoso,
15:55il sergente nella neve.
15:57Dopo l'armistizio fu catturato dai tedeschi
16:00ed è portato nel Lager 1B di Hohenstein, in Polonia.
16:05aveva visto qual era il comportamento dei tedeschi
16:10nei confronti della popolazione
16:12e a un certo momento ha detto
16:14no, io non posso essere così,
16:16non posso più essere come quelli che aggrediscono.
16:19Dall'altra parte dei reticolati
16:21c'erano i gerarchi che invitavano questi prigionieri
16:26ad aderire alla Repubblica di Salò.
16:29avevano posto in abbondanza a mangiare fuori dai reticolati
16:36a loro che erano stravolti dalla fame.
16:40Lui e insieme ad altri vecchi commilitoni
16:44si misero davanti ai ragazzi che erano stati arruolati da poco
16:50e fecero un passo indietro,
16:52suscitando le ire dei gerarchi che erano andati a fare le promesse.
17:02Nelle lettere e nelle cartoline inviate alle famiglie
17:05i soldati scrivevano di stare bene,
17:07non volevano turbare chi li aspettava a casa,
17:09ma cercavano anche di aggirare la censura
17:12che controllava ogni parola.
17:14La realtà però era ben diversa.
17:17Come racconta Emanuele Salce,
17:19suo padre, Luciano, che dopo la guerra ha avuto successo come attore e regista,
17:24fu deportato nello Stalag 7A di Musburg, in Baviera.
17:28Quegli anni di prigionia lo segnarono nell'anima e nel corpo.
17:32Mio padre tentò di scappare insieme ad un alpino di Cuneo.
17:38Riuscirono ad arrivare in Austria,
17:40ma poi al confine furono ripresi
17:42perché traditi da degli italiani collaborazionisti.
17:45E da lì fu portato un'altra volta in un campo di prigionia,
17:49fu punito severamente, fu torturato,
17:51e soprattutto mio padre che aveva un difetto alla bocca
17:55perché aveva avuto un incidente da bambino
17:58e gli avevano ricostruito una mandibola mezza dorata, diciamo.
18:02Gli fu proprio asportata, come era uso in quei tempi
18:06fare con i denti d'oro o con gli anelli
18:08per dare sostentamento al Reich, diciamo.
18:12E quindi lui non so come ha fatto,
18:14però è riuscito a sopravvivere per quasi due anni
18:16con mezza dentatura.
18:21In un lager nei pressi di Dortmund, in Germania,
18:24era stato deportato Giovanni Carlo Rossi,
18:27un camionista modenese che diceva di amare il suo lavoro
18:30perché lo faceva sentire libero.
18:34Mio padre non ha mai parlato con me di questa esperienza, proprio mai.
18:39Infatti io la cosa l'ho sentita in casa un po' da mia mamma in realtà,
18:44che mi raccontava che appunto era stato in campo di concentramento.
18:49Lui però con me non ha mai parlato.
18:51Lui con me parlava poco.
18:54Ho scoperto a un certo punto da mia mamma
18:56che lui aveva scritto un diario
18:59perché lei mi diceva che l'aveva ricopiato.
19:01Lui non era chiaramente uno scrittore, anzi,
19:04diciamo aveva fatto, insomma, l'elementare in pratica
19:07quindi sapeva giusto scrivere.
19:08L'ho cercato qualche tempo fa
19:10perché prima non l'avevo mai letto neanch'io.
19:13Naturalmente la carigrafia è quella di mia mamma
19:15che l'ha appunto copiato e è bello che comincia con
19:18questo quaderno ricorda la triste gioventù di Rossi Giovanni,
19:24classe 1923, Zocca in Modena,
19:28trascorsa nel piccolo inferno della Germania.
19:32Giovanni Rossi lavorava in miniera 12 ore consecutive.
19:38Alla fine della guerra pesava a malapena 45 kg.
19:42Sul diario scrisse di aver visto i compagni morire
19:45non solo di fame ma anche di botte.
19:47Al campo eravamo trattati con metodi bestiali
19:54per merito di un italiano che faceva il poliziotto
19:59e anche del maresciallo tedesco
20:02i quali da veri agussini avevano ogni giorno nuove trovate
20:09per tormentarci.
20:12Allora, l'italiano girava continuamente per il campo
20:16con l'inseparabile nervo in mano
20:19che si peritava, questa parola,
20:23di abbassarlo violentemente su ognuno di noi per un non nulla.
20:28Nel diario Giovanni ricorda anche i bombardamenti
20:34che colpirono Dortmund nel 44.
20:37La miniera, il campo nostro che era lì vicino
20:42e il paese non esistevano più.
20:44Io rimasi coperto di terra da una bomba caduta
20:47a circa 15 metri, ma con l'aiuto di Dio mi salvai.
20:52E qui, vorrei aggiungere quello che mi raccontava sempre
20:55cioè che praticamente quello che lo aveva aiutato qui
20:59ad uscire da questa buca si chiamava Vasco
21:02ed era il suo compagno di prisionia
21:04col quale andavano anche in miniera
21:06per cui lui mi ha chiamato Vasco
21:08perché di questo Vasco però non abbiamo mai più sentito parlare
21:11non si è mai più visto, però io lo ringrazio ancora
21:15perché se non lo salvava non c'ero io per esempio
21:18bastava che lui non uscisse da lì e io non c'era in pratica
21:22sembra greva, ma è così la vita.
21:27Nel Museo della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano
21:29c'è un presepe che ha una storia speciale.
21:32Fu realizzato dal sottotenente di artiglieria Tullio Battaglia,
21:36milanese, mentre era prigioniero nel campo di Witzendorf.
21:40Battaglia costruì le statuine con pezzi di filo di ferro
21:44recuperati di nascosto dai reticolati
21:46e le rivestì con stracci presi dagli indumenti degli internati.
21:51Il luogo non è Betlemme, ma una cascina lombarda.
21:55Accanto ai Remagi ci sono una tessitrice
21:58che cuce la bandiera tricolore,
22:01un gruppo di zampognari che un tempo a Natale
22:04popolavano le vie e i cortili di Milano
22:07alcuni pastori calabresi e sardi
22:09in omaggio ai compagni di prigionia di tutta Italia.
22:13E poi, in mezzo a tutti, misterioso e fuori dal tempo,
22:17un soldato lungobardo.
22:24Anche Giovannino Guareschi
22:26aveva costruito il suo presepe durante la prigionia.
22:30Era fatto con degli strati piccoli di cartoni
22:33che avevano collati uno o l'altro.
22:35C'è la capannuccia con dentro la Sacra Famiglia,
22:37gli angioletti sopra il tetto e in più sul fondale
22:42mio padre aveva disegnato la casa
22:44dove noi familiari eravamo rifugiati
22:48perché eravamo scappati da Milano
22:50per fuggire dai bombardamenti.
22:55Guareschi era stato trasferito in quattro lager diversi.
22:59Quello di San Bostel lo segnò più di altri
23:02perché ebbe la fortuna di incontrare persone
23:04che, come lui, avevano sensibilità artistica.
23:08Gianrico Tedeschi, regista e attore teatrale,
23:11il poeta Roberto Rebora,
23:13il musicista Arturo Coppola,
23:15il disegnatore Giuseppe Novello.
23:19Proprio lì, tra fame e paura e freddo,
23:22nacque un'isola di resistenza culturale.
23:25Mio padre ha scritto nel dicembre del 1944
23:32una favola di Natale dove raccontava che in un sogno
23:38io, mia nonna, il cagnolino Flick e una lucela,
23:42siamo andati a trovarlo nel lager
23:44e ci siamo trovati nel Bosco degli Incontri.
23:47questa favola è stata rappresentata da una compagnia di internati militari.
23:54C'era uno speaker, c'erano degli attori
23:58e c'era una piccola orchestra strappelata
24:01che interveniva quando fra una scena e l'altra c'erano gli stacchi.
24:08tutte cose che hanno permesso a chi ha assistito
24:13alla vigilia di Natale a questa rappresentazione
24:17in quel momento di essere a casa.
24:23Tra le pagine del suo diario, scritto in segreto,
24:26Giovannino Guareschi ricorda il giorno dello sbarco degli angloamericani in Norbandia.
24:31Lo fa con pochi segni all'apparenza misteriosi, ma chiarissimi
24:34per chi sapeva leggere tra le righe.
24:37Una barca, una data e una sigla.
24:44A St. Bostel, gli ufficiali italiani festeggiarono quel giorno a modo loro.
24:49Sotto lo sguardo confuso dei tedeschi,
24:51lasciarono galleggiare in una pozza delle barchette di carta.
24:56Ma come riuscivano ad arrivare queste notizie dentro i campi
24:59chiusi e sorvegliati dai nazisti?
25:02I militari utilizzavano apparecchi radioriceventi introdotti di nascosto
25:06o, più spesso, realizzati con materiali di fortuna,
25:10come Radio Caterina, esposta al Museo di Padova.
25:15Guareschi scrisse che la radio fu per lui
25:17l'unico legame con il mondo dei vivi.
25:20Nei lager, gli internati militari hanno fatto di tutto per non lasciarsi andare,
25:28per non vivere come i brutti, per cui hanno creato come una forma di civiltà.
25:33I ragazzi avevano messo insieme una biblioteca con i libri che si erano portati dietro
25:42durante il viaggio perché magari dovevano dare gli esami,
25:45quindi quelli che ha trovato ha messo in scena.
25:47Cantavano, passavano il tempo, però rischiavano.
25:50C'è una testimonianza di un ex Imi che scrisse a mio padre
25:54dicendogli come lo colpì tantissimo all'epoca
25:58sentirlo recitare il Carducci e non levare alcuni versi di una poesia
26:05la primavera mena tedeschi pur come l'uso, fanno Pasqua i lurchi nelle Lortane e calano a valle.
26:14Era una forma di resistenza attiva.
26:23Nella vicenda degli internati militari c'è una data che ha un significato importante,
26:27il 20 luglio 1944.
26:30Il giorno in cui Mussolini incontrò Hitler fu anche quello in cui
26:35il dittatore tedesco sopravvisse miracolosamente
26:38a un attentato di alcuni ufficiali della Wehrmacht,
26:41passato alla storia come Operazione Valkyria.
26:46Al seguito di quel colloquio di fronte a un Hitler
26:50frastornato dall'attentato che aveva appena subito,
26:55Mussolini portò a casa quello che ai suoi occhi
26:58era un grandissimo risultato, trasformare gli internati militari italiani
27:03in lavoratori civili.
27:05Nelle famiglie degli internati che vivevano all'interno della Repubblica di Salò
27:10già da molto tempo era salito l'astio nei confronti di Mussolini
27:15che non riusciva a far niente con Hitler per il destino dei loro cari.
27:20Ecco quindi che la trasformazione in lavoratori civili è più una mossa di propaganda.
27:32In realtà il passaggio formale da internati militari a lavoratori civili
27:36cambiò ben poco nelle vite di quei prigionieri.
27:39Anzi, le condizioni per alcuni peggiorarono.
27:42L'orario di lavoro venne aumentato a 72 ore settimanali
27:46perché alla fine di luglio Hitler aveva chiesto alla nazione uno sforzo estremo.
27:51A partire dal dicembre del 44 anche gli ufficiali, fino ad allora dispensati,
27:56furono obbligati al lavoro.
27:58Non c'era possibilità di scelta.
28:00Rifiutarsi significava spesso la deportazione nei campi di punizione e rieducazione al lavoro duro
28:06che facevano parte della rete dei lager di sterminio
28:09e dove si rischiava anche la fucilazione.
28:14La civilizzazione è forse l'ultima beffa che subiscono i nostri internati militari.
28:20Gli tolgono anche la dignità dei militari e diventano dei lavoratori civili
28:25come se fossero stati loro ad andarsi a cercare il lavoro in Germania.
28:28Gli danno dei documenti, li mettono in regola, gli danno solo il 30% di quello che è il salario
28:34di un lavoratore tedesco.
28:36Non possono uscire dal circondario, devono rispettare l'orario di lavoro che viene anche aumentato
28:41ma devono rispettare il coprifuoco.
28:46Tra l'altro i militari italiani passarono dalla Wehrmacht che prima gestiva gli internati militari
28:53alla Gestapo e quindi alle SS.
29:01Nei lager ci si ammalava facilmente per la sporcizia, la fame e le violenze.
29:07I malati più gravi venivano trasferiti nei Lazaret, campi ospedale dove le possibilità di sopravvivenza
29:13erano minime.
29:15Si calcola che nei lager nazisti siano morti circa 50.000 internati militari italiani.
29:21Tra chi ne è uscito vivo c'è Enos Bottura.
29:27Era un autiere, guidava i mezzi dell'esercito e fu deportato in Polonia in una città chiamata Kosci.
29:33Mi diceva che quelli trattati peggio erano i sovietici.
29:37Mentre per esempio le loro baracche avevano le fondamenta, i sovietici no.
29:41E ora era diventato amico di questo ufficiale perché erano tutti prigionieri di guerra
29:47quindi c'erano anche i russi, i francesi, gli inglesi e mi raccontava appunto di questo russo.
29:53Gli diceva se usciamo da tutto questo ti porto a Moschia, vivrai molto meglio.
29:58E di averlo rivisto quando poi i russi finalmente entrarono nel campo di concentramento.
30:03Liberandolo, indiviso.
30:05E sembrava un'altra persona.
30:15Contento. Proprio contento sono stato molte volte nella vita.
30:19Ma più di tutte quando mi hanno liberato in Germania.
30:22Che mi sono messo a guardare una farfalla senza la voglia di mangiarla.
30:32Tra l'aprile e il maggio 1945 i Lager, dove gli internati erano prigionieri da quasi due anni,
30:38vennero liberati.
30:40A est dalle forze sovietiche, a ovest dalle forze alleate.
30:44Quando arrivò la liberazione, arrivarono gli americani e rimasero ancora per alcuni mesi.
30:52Però quantomeno poterono mangiare.
30:55Questa era la novità, era la meraviglia, era la gioia.
30:59Tanto che li ha portati a celebrare questa gioia e questo grande amore.
31:04In particolare il grande amore per un prodotto che era, lui lo chiamava così, il Corned Beef.
31:09Cioè carne in scatola.
31:11Che era la razione dei soldati.
31:13Che a loro veniva dato da dividere in tre oppure in sei.
31:17E quindi crearono questa canzoncina stile avanspettacolo, eseguita con le manine e con le gambette come fossero delle Blue Bell.
31:26Corned Beef, in tre oppure in sei.
31:29Corned Beef, ma sempre tu ci sei.
31:32Nel sognarti l'epoca.
31:34Corned, Corned Beef.
31:37I racconti di questi giorni, i primi giorni della liberazione, mi avevano molto colpito.
31:45Perché lui ci spiegò che c'era stata un'attività molto frenetica degli ufficiali medici
31:54che dovevano placare i prigionieri per evitare che mangiassero troppo.
32:00Perché avendo ormai da mesi queste razioni quasi al di sotto della sopravvivenza
32:11e quindi avevano gli stomaci rattrappiti
32:15per cui se si fossero avventati sul cibo avrebbero corso dei rischi seri.
32:22E infatti lui diceva che alcuni erano morti.
32:27erano morti perché o non erano stati raggiunti da questo consiglio dei medici militari
32:32o comunque non avevano saputo trattenersi e non avevano retto a questo.
32:41Me lo ricordo come siamo arrivati a Milano con il camion dei morchi americani
32:49e lì ci erano portati a Piazza della Repubblica, Piazza della Repubblica.
32:56Ciao mi, ciao te, ciao qui.
32:58Siamo andati.
33:01Io che abitavo fuori da Piazzale Loreto, da Piazza della Repubblica, via Doria.
33:10Allora io lanciare, guardo la casa, la casa d'angolo.
33:16La casa sembra su, non dà tracce di bruciato.
33:21Pum, pum, pum, pum, pum, pum, pum, pum, pum, pum, pum.
33:27Qui nessuno risponde.
33:30Dall'altra parte della strada, verso lì a lei un cavallo, c'era la rimessa dei tram.
33:39E sull'alfare dell'alba mi sembra di vedere un'ombra là.
33:45Non sarà mica mio papà che ha fatto il turno di notte.
33:49E mio papà di là diceva, ma io vedo un'ombra là, non sarà mica il pepino che è arrivato a casa.
33:57Ma noi siamo stati vicini, sei tu, papà.
34:03Ma si dice, ma la nonna c'è ancora, sì, ma la mamma sì.
34:07Ma sì, dammi le chiavi al quarto piano, che lo dì io dovevo due.
34:15Mia mamma che ha sentito bricchiare, ecco quelli che vanno a ballare, come si fa?
34:22Che si fa solo la chiave, che ora di smetterla.
34:25E mi ha sentito.
34:27Ma se io sapevo, ma cosa vuol che io dica?
34:30Oh mamma, mamma, mamma, e se non c'era cosa facevo?
34:33Cosa facevo?
34:34E allora è stato il momento, il momento migliore.
34:4222 anni, 22 anni di età.
34:46La liberazione però non arrivò subito per tutti.
34:58Il rientro in massa cominciò nel luglio del 45, ed era ancora in corso all'inizio dell'anno successivo.
35:04Gli ultimi reduci, trattenuti dai sovietici, riuscirono a tornare tra il 47 e il 48.
35:11C'era chi, come Mario Rigoni Stern, prese la via di casa camminando, passo dopo passo, attraversando un'Europa in macerie.
35:20Altri vennero fermati e trattenuti a lungo nei centri di raccolta.
35:24L'Italia non era pronta.
35:27Non sapeva che farsene di quelle storie scomode e di quei corpi segnati.
35:32Venivano guardati con sospetto, accusati di aver collaborato con i tedeschi,
35:37come se avessero potuto rifiutarsi di lavorare una volta rinchiusi nei lager.
35:41Viene chiesto loro di dimostrare il loro periodo di internamento.
35:49In alcuni casi, come sommo umiliazione, viene addirittura chiesto loro di pagare il prezzo del biglietto del treno che li ha riportati in patria.
35:59Ed ecco quindi che, di fronte a questo panorama familiare, sociale e politico così cambiato,
36:09non possono far altro che scegliere di mantenere viva soltanto la memoria personale, intima.
36:16Si chiudono nel silenzio.
36:17Quella del silenzio è una scelta che venne condivisa anche da molti sopravvissuti ai campi di sterminio,
36:31come Liliana Segre, deportata per le sue origini ebraiche,
36:35che nel 1951 sposò l'ex internato militare, Alfredo Belli Paci.
36:40A casa mia, nel periodo della guerra, si parlava molto poco,
36:47perché c'era questa difficoltà dovuta al fatto che la mamma non riusciva a parlare di questo argomento
36:57e c'era un po' un insieme familiare che si era prodigato per proteggerla.
37:04Questi discorsi sulla guerra erano discorsi che si captavano,
37:12venivano fuori riguardo al cibo quando eravamo a tavola.
37:16E lì spesso era anche motivo, diciamo, di imbarazzo,
37:20cioè una piccola cosa scartata da noi figli.
37:23e loro la guardavano come una cosa gravissima perché per loro buttare via il cibo era una cosa insopportabile.
37:36Alcuni ex Imi conservarono per tutta la vita gli oggetti che li avevano aiutati a resistere durante la prigionia.
37:42Mario Rigonistern non si separò mai da un biglietto di auguri di Natale che gli aveva scritto Vassili,
37:50un soldato russo incontrato nel lager.
37:53E da un cucchiaio.
37:55Me lo ricordo fin da piccolo.
38:00Era nelle posaterie che usavamo normalmente ed era un cucchiaio che gli era stato dato da una donna
38:11che vedeva mangiare questi prigionieri affondando la bocca nelle gavette,
38:17non avendo niente per portarsi in bocca qualcosa.
38:21Avere un cucchiaio voleva dire essere una persona civile
38:27e essere una persona che faceva la distinzione
38:32tra come mangiano gli animali e come mangiano gli esseri umani.
38:38Mario Rigonistern tornò più volte nel campo di Prebischel dove era stato rinchiuso fino ai primi mesi del 45.
38:51E poi nel 2003 mostrò al figlio quello di Hohenstein,
38:56un viaggio per guardare in faccia il passato.
39:01Così fece anche Giovannino Guareschi tornando con Alberto nel lager di San Bostel.
39:05Era il 1957 ed era appena uscito dal carcere dove aveva scontato una condanna per difamazione a mezzo stampa.
39:15Mio padre era distrutto fisicamente e anche nello spirito
39:21e allora è andato a cercare quel se stesso che aveva conosciuto nei lager.
39:28Lui diceva di aver incontrato un giovannino fatto di aria e di sogni.
39:33Si è poi lasciato nanna in lager quando è stato rimpatriato.
39:38E così io l'ho accompagnato nel cimitero.
39:42Lui mi ha detto vai a fotografare da un'altra parte.
39:46Mi sono spostato e in quel momento si vede che si è incontrato con se stesso.
39:51Luca Bottura ricorda invece come il padre avesse in qualche modo elaborato l'esperienza vissuta.
40:07Ne parlava spesso, in modo naturale.
40:09Insieme a lui Luca fece un viaggio a Kosgin in Polonia.
40:14Un paese che il padre chiamava ancora Prussia.
40:17C'era un piccolo museo all'ultimo piano di una scuola elementare
40:24e quindi lui vide per la prima volta in faccia il volto del generale Zhukov
40:29che era il comandante delle forze sovietiche che liberarono il campo.
40:32Noi eravamo col direttore di questo piccolo museo, non sapeva niente.
40:37Non sapeva com'era fatto il campo.
40:39E quindi lo aiutò a ricostruire più o meno come erano piazzate queste baracche.
40:44E l'unica cosa che mi disse, ma sempre con un tono calmissimo,
40:46come se parlassi di una cosa mai avvenuta,
40:48cercano dei canali.
40:50Mi disse ecco vedi questi canali erano pieni di cadaveri.
40:53Avevamo dietro le spalle la storia
41:01che ci aveva aperto gli occhi su quello che eravamo noi
41:05e su quel che erano coloro i quali ci venivano indicati come nostri nemici.
41:10Quello che ci avevano insegnato nella nostra giovinezza
41:14era tutto sbagliato.
41:17Non bisognava credere, obbedire, combattere
41:20e l'obbedienza non doveva essere cieca, pronta e assoluta.
41:25Avevamo imparato a dire di no sui campi della guerra.
41:30È molto più difficile dire no che sì.
41:43Spogliarsi della divisa e tornare a essere padri, figli, lavoratori,
41:47semplicemente uomini non fu facile per molti di quei soldati.
41:52Era una nuova sfida, questa volta solitaria.
41:57Per questo alcuni cercarono di aiutarsi, di sostenersi a vicenda.
42:02È così che nacque la NEI,
42:04l'Associazione Nazionale Ex Internati nei Lager Nazisti,
42:08a cui si deve la creazione del Museo Nazionale dell'Internamento di Padova,
42:11luogo della memoria e della dignità ritrovata.
42:15La NEI nasce nel 1945 al ritorno dei campi di concentramento
42:22per la volontà di alcuni ufficiali che decidono di riunirsi
42:27per tutelare la memoria degli internati, soprattutto di quelli che sono morti
42:32nei campi di concentramento, per assistere anche le famiglie dei più bisognosi
42:35e soprattutto continuare nel tempo a ricordarli.
42:47La storia del Museo dell'Internamento è legata a quella del vicino tempio dell'Internato ignoto
42:53che fu voluto da Don Giovanni Fortin, parroco del rione Padovano di Terravegra.
42:57Era stato deportato a Dachau per aver dato rifugio ad alcuni prigionieri sudafricani
43:03liberati dopo l'8 settembre del 1943.
43:06Durante la prigionia, promise che se fosse sopravvissuto
43:10avrebbe costruito un luogo sacro per ricordare i compagni che non ce l'avevano fatta.
43:15Grazie al sostegno della NEI e della comunità padovana,
43:19il voto di Don Fortin diventò realtà.
43:21Riuscirà a portare da un cimitero di Colonia la salma di un internato
43:29che verrà inizialmente deposta presso l'altare della patria
43:34sempre il 5 settembre del 1953
43:38e poi la stessa sera arriverà con tutti gli onori qui a Padova
43:42e verrà deposta presso la tomba che è stata preparata dall'artista Vucetich.
43:47La salma verrà vegliata da tante donne, soprattutto mamme di ex internati
43:53e poi insieme anche a tutte le altre autorità
43:57verrà benedetta appunto questa tomba e inizierà l'avventura
44:01di questa memoria che è il tempio dell'internato ignoto.
44:04Due anni dopo verrà consacrata la chiesa e inaugurato ufficialmente il tempio
44:08il 4 settembre del 1955.
44:18Ma il tempio di Padova dove ancora oggi i familiari degli Imi possono chiedere
44:23di ricordare i propri cari con una piccola lapide in marmo
44:26non è l'unico luogo dedicato alla loro memoria.
44:28Anche a Milano, in una cappella del Tempio Civico di San Sebastiano,
44:34è sepolto un soldato senza nome arrivato in Italia nel 1952.
44:39Accanto alla sua tomba sventola la bandiera della NEI.
44:43La sezione milanese è stata rifondata nel 2024
44:46dai figli e dai nipoti degli ex internati, come Luciano Belli Paci.
44:50Quando è partita questa idea di far rinascere questa sezione milanese
44:59che ormai credo da più di vent'anni era sparita,
45:02c'è stata una grandissima adesione in moltissime famiglie italiane.
45:09C'è il ricordo del nonno, dello zio, del padre che ha fatto questa esperienza.
45:14Nel marzo del 1999 il consiglio della NEI delibera la costituzione di un fondo documentario
45:31piuttosto eterogeneo, si implementerà poi nel corso degli anni,
45:35dedicato alla raccolta della memoria degli internati militari italiani.
45:39Lino Monchieri, internato bresciano, autore di un diario straordinario della sua prigionia,
45:46decide di portare la Fondazione Micheletto in un centro di ricerca sull'età contemporanea,
45:51il primo nucleo di materiali, costituito da una serie di fondi.
45:56Il fondo Giuntella, il fondo Sinopoli e poi il fondo Pari dei Piasenti.
46:01Piasenti è un tenente quando viene imprigionato nel lager tedeschi
46:08e inizia a incaricare più persone dove è possibile di scattare alcune immagini,
46:13di scrivere alcuni brani, di recuperare qualche pezzo di diario
46:17e lui poi realizza, utilizzando questi materiali, questo straordinario album.
46:21La storia che ne esce è fatta di dolore, di emozioni e di speranza verso il futuro.
46:25Nel dopoguerra, quando rimpatriavano i superstiti delle varie prigionie,
46:31la gente era già distratta, già disposta a dimenticare,
46:34tanta era la fretta di ricominciare a vivere.
46:37Anche noi, i partigiani combattenti, abbiamo tardato a renderci conto che
46:42la prigionia nei lager tedeschi era una pagina della resistenza
46:46almeno nobile quanto la nostra guerra di liberazione.
46:49Credevamo, sbagliando, che solo la lotta armata meritasse un giusto riconoscimento.
46:53Ma chi aveva saputo, nell'inferno dei lager tedeschi, dire no a fascisti e nazisti?
47:01Era un partigiano combattente, di quelli autentici.
47:06In questo momento vi parlo di cose vissute quando non ero e non facevo l'attore,
47:13ma ero internato nei campi di concentramento in Germania.
47:17È quando si era ragazzi.
47:20Durante un evento organizzato da Anei Milano, Sveva Tedeschi ha condiviso alcuni ricordi del padre.
47:25Mi riconombero e ben torni ormai.
47:29Perché non scendi? No! Non voglio scendere!
47:31Così la fanciullezza fa ruzzolare il mondo e il saggio non è che un fanciullo che si duele di essere cresciuto.
47:40Nel 2006 chiese alla figlia Sveva, anche lei attrice, di salire con lui sul palco per
47:48Smemorando la ballata del tempo ritrovato.
47:50Lo spettacolo molto personale tra autobiografia e teatro.
47:58Era una sua resa dei conti con il concetto proprio di memoria, come identità personale, come comunità, come senso collettivo di una civiltà che si confronta con se stessa e anche memoria come dovere.
48:15E questo perché lui aveva cominciato a fare teatro proprio lì, proprio in quel campo, proprio in quelle condizioni orribili in cui si moriva di fame, si moriva di freddo.
48:27Eppure quei ragazzi e quegli uomini là dentro si nutrivano di spiritualità, di cultura, di arte e quindi era una forma di resistenza non tanto passiva all'oppressione nazista.
48:38Non era solo un'evasione, non era solo una forma di oblio, la sua non era una vita per il teatro, era il teatro per la vita.
48:46Il teatro, insieme al cinema, è stato la vita anche di Luciano Salice e del figlio Emanuele, che ne ha seguito le orme, scoprendo la storia del padre quando ormai se n'era andato.
49:00Scartabellando nei vari documenti emergono due lettere di due che erano stati due suoi compagni di Ventura nello Stalag 7 di Musburg dove stava papà.
49:15E lì è interessante perché a un certo punto in queste lettere c'è il suo compagno di Baracca che ricorda, io ti ricordo ancora con quegli zoccoletti di legno che facevi gli spettacolini la sera e facevi la presa in giro dei tedeschi e ci facevi ammazzare dalle risate.
49:35Praticamente era la vita è bella, solo che così bella non deve essere stata per lui.
49:40Nel momento in cui Luciano Salice comincia a fare cinema in Italia come attore, lui fa subito un personaggio di tedesco.
49:50Lì fa un tedesco ridicolizzato perché è un tedesco con barboncino addirittura.
49:55La sua carriera è veramente punteggiata di questo tipo di personaggi di tedesco che ha di solito un'autorità che viene in risa e sbeffeggiata dall'interno proprio dall'interpretazione di Salice.
50:04Poi ci sono quelli che non sono tornati, come Francesco Besso, a cui il 23 gennaio 2025 è stata dedicata una pietra d'inciampo a Milano.
50:18Era un ex studente dell'Accademia di Belle Arti di Brera, innamorato del cinema, della musica e dell'arte.
50:24Al momento dell'armistizio era in Grecia, uno dei 300.000 soldati di un esercito che aveva smesso di essere alleato della Germania.
50:33In quei giorni fu catturato dai tedeschi e internato in un campo a Rodi, dove morì nel 1945.
50:43Nostro papà, fin da bambine, ci ha sempre raccontato di questo fratello morto in guerra.
50:51Poi, quando eravamo un po' più grandi, ci ha raccontato che è stato fucilato dai nazisti e tutta la sua storia al completo.
51:00Verso i suoi ultimi anni di vita, ci ha chiesto di ricostruire un po' la sua storia e ci ha affidato un baule dove c'erano dentro le lettere, i documenti, le traduzioni di alcune lettere, fotografie.
51:16Francesco Besso creò vignette satiriche e caricature di Hitler, Mussolini e altri leader nazifascisti.
51:24Ma un compagno lo denunciò e fu fucilato.
51:28Prima di morire, disegnò l'ultima vignetta, l'unica arrivata ai familiari.
51:32Francesco, con il plotone di esecuzione già pronto, gridò come ultime parole, viva l'Italia.
51:42Ma il suo grido era sicuramente non rivolto a quell'Italia che lo aveva trascinato in quella condizione,
51:49ma ad un'Italia, quella che aveva sognato, come ogni ragazzo.
51:53Un'Italia pacificata, un'Italia improntata ad altri valori.
51:57Si è detto molto degli Imi nei campi di concentramento e che la loro rinuncia a combattere
52:04non sia stata così forte e motivata come quella di altri partigiani.
52:08In realtà alcuni di questi uomini fecero delle scelte personali molto coraggiose.
52:15Nel 1999 il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro,
52:20conferì la medaglia d'oro al valor militare all'internato ignoto nel Tempio di Padova.
52:25Un riconoscimento simbolico importante, ma tardivo.
52:30Come molte delle storie rimaste ai margini della memoria collettiva,
52:34quella degli internati militari italiani non ha mai avuto davvero spazio nei libri di scuola
52:39né nelle aule delle università.
52:42Anche sul piano concreto il riconoscimento arrivò tardi.
52:46Nel 2000 la Germania avviò un programma di risarcimento
52:49per i lavoratori coatti e i deportati nei campi del Terzo Reich.
52:54Gli Imi ne furono esclusi.
52:56Considerati prigionieri di guerra, non ebbero diritto ad alcun indennezzo.
53:00La mostra La scelta, la fame e il silenzio,
53:06ospitata dalla Camera del Lavoro Metropolitana di Milano,
53:09nasce proprio per raccontare questa ingiustizia.
53:12Deborah Migliucci, che l'ha curata, racconta di come tutto sia partito per caso.
53:17Negli armadi dell'Inca CGL sono spuntate decine di pratiche di risarcimento.
53:23Vengo chiamata dall'Inca CGL di Milano per visionare questo materiale
53:30e mi rendo subito conto dell'importanza delle testimonianze che erano state raccolte.
53:35Qualche tempo dopo, invece, andando in un sopralluogo, insomma,
53:39alla Camera del Lavoro di Lecco, trovo anche lì dei faldoni
53:42che in questo caso non raccoglievano tanto le testimonianze,
53:46ma proprio i tesserini di lavoro e la documentazione di corredo
53:50che era stata raccolta nel 2000 per la richiesta delle indennità.
53:56La domanda era un modulo, alcuni non sono riusciti a farlo,
54:01facevano soltanto la firma, mentre tanti raccontavano,
54:04alcuni addirittura hanno fatto il disegno di com'era il campo di concentramento,
54:10dove erano dislocati e poi alcuni addirittura avevano anche
54:15le lettere che avevano mandato ai genitori,
54:18le lettere dei genitori che rispondevano.
54:23Durante la prigionia, il Reich aveva escluso gli Imi
54:26dai diritti garantiti ai prigionieri di guerra,
54:29definendoli internati militari o lavoratori civili.
54:33La Germania del dopoguerra cambiò posizione,
54:37li considerò nuovamente prigionieri di guerra.
54:40Gli Imi così risultarono privi dei requisiti per ricevere un risarcimento.
54:45Nessuno riuscì ad ottenerlo.
54:48Le prime parole rivolteci da un italiano al confine.
54:54Il primo saluto dell'Italia che abbiamo ascoltato trattenendo il respiro
54:59e col cuore pieno ci hanno profondamente commossi.
55:04Insegnate a tutti i fratelli che sono rimasti
55:09che cosa significa soffrire e morire per la patria.
55:17Non abbiamo bisogno di imparare.
55:20Noi abbiamo il diritto di insegnare.
55:22Noi abbiamo il diritto di insegnare.
55:52non è in chiesa.
55:53Noi abbiamo bisogno di pensare.
55:53Noi abbiamo bisogno di imparare.
55:54Noi abbiamo bisogno di ne estratte.
55:55Non è in chiesa.
55:55Noi abbiamo bisogno di imparare.
55:57Noi abbiamo bisogno di imparare.
55:57Cosa città su mio.
55:59Grazie a tutti.
56:29Grazie a tutti.
56:59Grazie a tutti.
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