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  • 2 giorni fa
Turni di notte da guardia medica e poi l'ambulatorio al mattino per visitare i pazienti, per un totale anche di 50 ore di lavoro alla settimana sulle spalle dei giovani medici che si affacciano alla professione. «Carichi insostenibili che portano addirittura ad abbandoni dei corsi da parte dei giovani, che fanno altre scelte. Il rischio è una desertificazione della medicina generale», avverte Roberto Pieralli dello Snami, che oggi ha tenuto un flash mob sotto le torri della Regione Emilia-Romagna per denunciare le condizioni della medicina di base nell'epoca del «ruolo unico» in occasione dello sciopero nazionale proclamato dalla sigla. Una riforma che secondo il sindacato autonomo dei medici rende i dottori di famiglia sempre più dipendenti dalle Aziende sanitarie e sempre meno professionisti autonomi. Di qui l'idea di un «funerale», con tanto di epigrafi, della medicina generale. «Chiaramente questo sciopero creerà dei disagi ovunque, ma bisogna capire cosa potrà succedere quando la figura del medico di medicina generale verrà di fatto eradicato dal sistema per come adesso», afferma il numero due regionale dello Snami Pietro Pesaresi, medico di base a Rimini. Il medici di base, ricorda Pesaresi, «era l'unico soggetto ad essere libero, indipendente, aveva il suo paziente come unico vero referente e non è assoggettato ai burocrati della regione e del sistema sanitario pubblico. Purtroppo quello che si sta cercando di fare è di assoggettare i medici fin dalle nuove generazioni». A inizio carriera, spiega infatti Pieralli, il presidente regionale del sindacato,  «quando uno parte lo fa già con almeno 50 ore la settimana di lavoro. Questo non è sostenibile per chi ovviamente ha figli, famiglia e comunque vuole mantenere anche un bilancio di sostenibilità del lavoro a lungo termine: magari questa cosa la puoi fare per sei mesi o un anno, poi però la gente va via». Lo Snami chiede la modifica della legge Balduzzi «oppure il ritorno alla modalità precedente che prevedeva che il medico potesse scegliere o di avere lo studio coi pazienti o di svolgere le ore di continuità assistenziale». Per ottenere l'obiettivo questo servirebbe una mano anche dall'Emilia-Romagna. La Regione, sono ancora parole di Pieralli, «anche in sede di Conferenza Stato-Regioni deve ascoltare le organizzazioni dei professionisti per trovare delle soluzioni. Tutte le istituzioni dal governo in giù devono prendere consapevolezza di questo problema».

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Trascrizione
00:00Noi abbiamo scelto ovviamente di fare anche dei presidi nelle varie regioni.
00:03La regione Emilia-Romagna è una regione non secondaria, perché ricordiamo che al di là delle polemiche che esistono,
00:10legislative, governo, regioni, questo settore è fortemente sotto il controllo, diciamo così,
00:17da un punto di vista di indirizzo della conferenza delle regioni.
00:20Regione Emilia-Romagna è una delle regioni capofila che ha partecipato, ha coordinato per tanti anni la Commissione Salute, come saprete.
00:28Quindi la regione Emilia-Romagna è una delle regioni che, avendo in qualche modo condotto,
00:33deve oggi, anche in sede di conferenza Stato-Regioni, proporre e trovare e ascoltare le organizzazioni dei professionisti
00:41per trovare delle soluzioni della sostenibilità.
00:44Non possiamo far finta che sia sempre un giorno il governo, un giorno la regione, un giorno il finanziamento.
00:51Tutte le istituzioni, dal governo in giù, devono prendere consapevolezza di questo problema
00:55e quindi abbiamo scelto, sia nelle aziende sanitarie, in alcune aziende sanitarie sono previste i presidi,
01:01sia davanti alla regione Emilia-Romagna, in questo caso, così come a Roma, oggi c'è un altro presidio,
01:06di portare il problema all'attenzione dell'opinione pubblica.
01:09Grazie.
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