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  • 2 giorni fa
È la fine di un’epoca per il panno casentino, il celebre tessuto di lana arricciata che ha attraversato secoli di storia, vestendo pastori, nobili fino a icone di stile come Audrey Hepburn. Era il 1961 quando l’attrice entrò nell’immaginario collettivo come icona di eleganza senza tempo grazie a Colazione da Tiffany e ai suoi abiti raffinati e impeccabili. Tra questi, indimenticabili anche i cappotti dal taglio pulito e lineare, realizzati proprio in panno casentino: un tessuto caldo, resistente e sofisticato, capace di raccontare un’eleganza italiana autentica e unica. Oggi, però, la sua sopravvivenza è a rischio: la Manifattura del Casentino di Soci (Bibbiena) – l’ultima azienda al mondo a produrlo – è entrata in liquidazione. Con essa si chiude una pagina importante della moda e dell’artigianato toscano. Come riporta il Corriere Fiorentino, gli ultimi tredici operai hanno già ricevuto la lettera di licenziamento e, se non interverranno nuovi investitori, la produzione si fermerà definitivamente a dicembre.
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Panno casentino, un tessuto che ha fatto la storia del cinema e della moda
Il panno casentino non è solo un tessuto, ma un simbolo di stile e tradizione. Morbido, resistente e riconoscibile per la sua texture arricciata, nacque per proteggere dal freddo i viaggiatori che attraversavano le vallate toscane. Alla fine dell’Ottocento il suo fascino rustico conquistò anche la nobiltà: Casa Savoia lo scelse per riscaldare i cavalli delle scuderie reali di San Rossore e del Quirinale. Il suo celebre colore aranciato, oggi simbolo di eleganza vintage, nacque quasi per caso — un errore di tintura diventato firma distintiva. Nel tempo, il Casentino conquistò il mondo della moda e, negli anni Sessanta, entrò di diritto nella leggenda grazie ad Audrey Hepburn. Nel film Colazione da Tiffany (1961), l’attrice – nei panni dell’indimenticabile Holly Golightly – contribuì a trasformare il Casentino in una icona di stile senza tempo, capace di fondere semplicità e raffinatezza.
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La crisi della Manifattura del Casentino
Dietro la chiusura della storica azienda si cela un insieme di difficoltà economiche e geopolitiche. Come ha spiegato uno dei titolari, Andrea Fastoni, l’impresa è stata travolta da una combinazione di fattori: la crisi del settore tessile, le sanzioni internazionali che hanno ridotto l’export verso la Russia – uno dei mercati principali – e l’aumento vertiginoso dei costi energetici e delle materie prime. «Ogni mese pagavamo circa 40 mila euro tra luce e metano – ha raccontato Fastoni – finché non siamo più riusciti a sostenere le spese. Siamo rimasti indietro anche con l’affitto, e nonostante la comprensione del proprietario del capannone, non potevamo andare avanti così».
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Un patrimonio culturale da salvare
La chiusura della Manifattura del Casentino non rappresenta solo la fine di un’attività produttiva, ma la perdita di un patrimonio culturale e artigianale unico. Il panno Casentino, con le sue tinte calde – arancione bruciato, verde bosco, blu profondo – è parte dell’identità della Toscana e della storia della moda italiana. Linee pulite, tagli rigorosi, colori pieni: così un tessuto nato per il lavoro è diventato sinonimo di eleganza borghese.  Resta ora la speranza che qualcuno scelga di rilevare l’attività e preservare questo savoir-faire antico, simbolo di un’epoca in cui la qualità e la tradizione erano il cuore dell’eleganza. Perché, come Audrey Hepburn ci ha insegnato, il vero stile non passa mai di moda, e nemmeno i tessuti che lo rendono possibile.

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