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  • 11 anni fa
Secondo le ricostruzioni di stampa, ChemChina corteggiava Pirelli da almeno tre anni. Visti gli ultimi, travagliati anni del gruppo della Bicocca (l’entratea e poi l’uscita dei Malacalza, l’arrivo delle banche e di Rosneft) non sorprende che il matrimonio abbia richiesto così tanto tempo per concretizzarsi.

Il colosso cinese guidato da Ren Jianxin piace perché non è un concorrente diretto e perché dovrebbe aprire a Pirelli i mercati asiatici. L’intricata manovra di riassetto che partirà a breve dovrebbe però permettere ai soci italiani di mantenere un ruolo preminente all’interno dell’azienda.

“Per me è un fallimento. Un fallimento a livello industriale, dell’industria italiana”, commenta un operaio. “La speranza è che, comunque, Pirelli rimanga in Italia almeno come sede centrale, ricerca e sviluppo”, aggiunge un altro.

Su quest’ultimo punto non si prevedono sorprese: con la nuova governance serviranno infatti il 90% dei voti per cambiare gli statuti. Motivo per cui, almeno per

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