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  • 2 giorni fa

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Trascrizione
00:00Era il pomeriggio dell'8 luglio 1983, quando il mio telefono squillò e andò a rispondere
00:08mia madre. Un uomo, dall'accento straniero, forse arabo, chiese di voler parlare con mio
00:15padre. Mia madre rispose che non c'era e quindi continuò a lei la telefonata. Quest'uomo
00:24disse se eravamo al corrente del caso di Emanuela e se eravamo disposti ad aiutarla. Mia madre
00:29disse sì e quindi l'uomo la invitò a prendere carta e penna e di scrivere. Il messaggio
00:36cominciava col dire che se avevamo ricevuto questa telefonata è perché Emanuela aveva
00:45dato a loro il nostro numero e che quindi era una prova che era ancora in vita. Mia madre
00:54visto di cosa si trattava, presa dall'emozione non continuò più a scrivere, anche perché
01:00l'uomo dettava molto velocemente. Così presi il ricevitore e continuai a scrivere io sotto
01:07dettatura. Il messaggio diceva che Emanuela era stata presa soltanto perché era cittadina
01:16vaticana e poi diceva che c'erano ancora disponibili 20 giorni di tempo prima che venisse
01:28uccisa se non ci fosse stato lo scambio con Ali Ajka. Poi chiedevano anche una linea telefonica
01:38con il Vaticano, con il Cardinal Casaroli. Questo uomo parlava correttamente l'italiano
01:46anche se aveva un accento medio orientale. Io non riuscivo a stargli dietro perché lui
01:55dettava molto velocemente e così lo pregavo di ripetere, ma lui si spazientiva e continuava
02:03sempre a dettare veloce. Io dentro di me mi facevo una domanda perché mi era presa
02:13un po' di paura, mi chiedevo come mai avessero il mio numero di telefono e lui mi rispose
02:20che me l'aveva dato Emanuela e che questa quindi era una prova che lei era ancora in vita e che
02:26gli aveva dato Emanuela perché io ero una sua compagna di scuola e che quindi mi conosceva.
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