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Intervista a Natalia Ginzburg, 1964
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hace 2 días
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00:00
En uno de los salgios del suyo libro, Le Piccole Virtú, a propósito de su primera experiencia
00:16
de narración, dice que entonces desideraba terrible escribir como un hombre.
00:21
Era un horror que se entendía que era una mujer dalle cosas que escribía.
00:25
¿En qué manera su sugerencia de hoy es diferente de aquello de entonces?
00:28
Sí, yo intendevo, cuando era giovane cominciavo a escribir, desideraba muchísimo de poder ser
00:37
cambiada por un hombre, cioè temevo en mí los defectos de las mujeres, que yo los he todas,
00:44
cioè la mancanza de objetividad, el sentimentalismo y via dicendo.
00:49
Poi, a poco a poco, con gli anni, ho capito che la condizione di donna deve essere accettata
00:58
da uno scrittore, cioè bisogna, non si può scrivere sentendosi diversi da quello che si è,
01:05
fingendo di essere diversi da quello che si è.
01:09
Io so storie di donne, so raccontare solo storie di donne.
01:14
I suoi libri sono quasi sempre scritti in prima persona?
01:19
I miei libri, sí, son quasi sempre scritti in prima persona di donne
01:24
e non potrei, credo, in nessun modo scrivere in prima persona di uomo,
01:30
allo stesso modo come non potrei scrivere fingendo di essere o una contadina o un operaia,
01:37
cose che io non sono e che non conosco.
01:39
Nel suo ultimo libro, Lessico Familiare, gli avvenimenti sono osservati e descritti
01:47
dal punto di vista, come dire, di una ragazzina.
01:50
Questo punto di vista non sembra modificarsi sostanzialmente nonostante il passare degli anni.
01:55
Cosa può dirci a questo proposito?
01:58
Ma è che il mio libro Lessico Familiare non è un'autobiografia,
02:03
è un libro che racconta le persone della mia vita, non la mia vita.
02:09
Io intendevo non essere un personaggio in questo libro,
02:12
intendevo essere semplicemente un testimone,
02:14
quindi il mio personaggio io l'ho ignorato quasi,
02:18
sta nell'ombra, io ho detto quasi nulla di me.
02:23
Lei ha scritto ancora che quando siamo felici la nostra fantasia ha più forza,
02:28
quando siamo infelici, allora agisce più vivacemente la nostra memoria.
02:33
Può esemplificare o rendere più concreta questa affermazione,
02:37
o a proposito di esperienze narrative altrui più recenti,
02:40
o in particolare a proposito della sua opera?
02:44
Sì, io ho notato scrivendo che la condizione,
02:50
lo stato d'animo in cui siamo quando ci mettiamo a scrivere,
02:54
condizione estremamente quanto si scrive,
02:57
cioè se siamo felici la fantasia agisce liberamente,
03:03
e quando siamo tristi la fantasia resta immobile,
03:07
noi siamo indotti a guardare dentro di noi.
03:12
Non so, potrei dire, non so,
03:17
ad esempio Rabelè o Stendhal,
03:20
scrittori come Rabelè o Stendhal,
03:23
sono degli scrittori estremamente felici,
03:26
perché la loro fantasia si muove libera,
03:29
è un mondo che si muove,
03:31
è una fantasia piena di vitalità e di sangue,
03:33
e invece, non so,
03:35
se facciamo un esempio proprio nostro,
03:39
contemporaneo,
03:40
ad esempio il libro uscito adesso di Giuseppe Berto,
03:43
Il male oscuro,
03:45
è un libro che è testimonianza di una profonda infelicità,
03:48
perché lui non alza mai gli occhi da sé.
03:53
Ora, non è che faccio nessun apprezzamento di valori,
03:57
voglio solo dire che c'è un rischio nell'una e nell'altra,
04:04
nell'uno e nell'altro stato d'animo,
04:08
c'è un rischio.
04:09
Fra gli scrittori italiani che lei ha conosciuto,
04:13
di chi conserva un ricordo più vivo?
04:18
Certamente di Pavese,
04:20
ma ne conservo un ricordo più come di un amico
04:24
che come di uno scrittore,
04:27
perché la lezione umana che lui mi ha dato
04:31
è più importante per me
04:33
che non la lezione estetica
04:36
che posso avere avuto dai suoi libri.
04:39
I suoi libri io li trovo bellissimi,
04:41
però non mi sono congeniali,
04:43
a parte forse le poesie di lavorare stanca,
04:47
ma è lui che ricordo,
04:49
cioè lo ricordo come un amico carissimo,
04:53
più che come uno scrittore.
04:56
E qual è il regista cinematografico
04:58
che lei preferisce?
05:00
E perché?
05:00
Ingmar Bergman,
05:04
perché, non so,
05:07
io vado sempre a vedere i suoi film,
05:09
li ho visti tutti,
05:10
anche quelli meno belli
05:12
li vado a vedere quattro o cinque volte
05:14
e ci trovo sempre qualche cosa,
05:17
ci trovo sempre qualcosa che mi stimola a scrivere.
05:22
Io vado di solito al cinematografo per passatempo,
05:25
invece quando vado a vedere Bergman
05:27
trovo qualcosa di più, ecco, nei suoi film.
05:30
Mi piacerebbe scrivere dei libri
05:32
che fossero come quei film.
05:36
In un suo recente scritto c'è questa frase
05:39
«Non c'è dato scegliere se essere felici o infelici,
05:43
ma bisogna scegliere di non essere diabolicamente infelici».
05:46
Può dirci qual è per lei il peso morale di questa affermazione?
05:50
Sì, io intendevo dire
05:54
che c'è una forma di infelicità
05:57
assoluta, totale,
05:59
in cui l'uomo
06:01
ama l'infelicità,
06:05
non sa staccarsene,
06:08
è come innamorato della sua infelicità,
06:10
e
06:11
prende in odio se stesso
06:15
al punto da non rivolgere più parole a se stesso,
06:19
cioè da rompere i rapporti con se stesso,
06:25
che è una cosa che io penso sia colpevole,
06:28
come rompere i rapporti con il resto del mondo.
06:31
Questo è uno stato che vorrei direi diabolico,
06:35
di infelicità diabolico.
06:37
Grazie.
06:38
Grazie.
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