L’Italia raccontata dai numeri appare come un Paese che fatica a confrontarsi con le proprie sfide profonde. La durata media della vita è di 83,4 anni, ma di questi solo 32,8 sono dedicati al lavoro. Questo dato, che ci pone secondi in Europa tra coloro che lavorano meno in termini di anni totali, si scontra con una realtà difficile: l’età pensionabile non si adatta alla diversa intensità o natura del lavoro svolto, e non cambia in base al tipo di attività.Al contempo, la disoccupazione giovanile è al 18,7%, mentre l’età media della popolazione è di 47 anni e la natalità continua a diminuire. In questo scenario, lavorare non è ancora una normalità per i giovani, e più dei due terzi di coloro tra i 18 e i 34 anni vivono ancora in famiglia. Anche il tasso di occupazione delle donne e dei giovani è sceso drasticamente, passando dal 60% dei primi anni 2000 al 50%, una tendenza allarmante.Parallelamente, l’Italia sembra rimanere ancorata a modelli tradizionali di lavoro e istruzione. Le rivoluzioni tecnologiche si susseguono, mentre permangono lentezze burocratiche e resistenze culturali: aprire nuovi corsi di matematica o informatica in università umanistiche richiede ancora tempi lunghi, e forme di lavoro più flessibili come smart working o part-time sono viste come eccezioni. Lo studio resta soprattutto frontale, mentre nel mondo il “learning by doing” sta diventando la strada principale per imparare.
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