Napoli, 11 apr. (askanews) - È uno dei padri nobili della televisione e del giornalismo Italiano. Mixer, La Storia siamo noi, Citizen Report, Elisir, Quelli della notte, Un Posto al Sole, sono solo alcuni dei programmi prodotti e, in alcuni casi, condotti da Giovanni Minoli, che proprio per aver ideato la serie partenopea di grandissimo successo è diventato cittadino onorario di Napoli.
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«È un'operazione che dura da 27 anni, che ha creato due-tre mila posti di lavoro intellettuali che ha contribuito alla rinascita di Napoli, che è una serie alla quale praticamente ogni napoletano più o meno qualche cosa ha fatto, che ha creato tre mila posti di lavoro, più o meno con una delle prime industrie di Napoli». Un progetto, che lui definisce un romanzo popolare, non una soap opera, nato dall'intuizione che le 'killer application' della Rai, tipo i film e le partite di calcio, sarebbero passate alla Pay Tv. «È anche la storia di un connubio fra un metodo industriale, diciamo, nordico, io sono torinese, applicato alla fantasia, alla creatività, ai colori, ai suoni, all'intelligenza incredibile e alla capacità di essere attori dei napoletani. Questo connubio ha funzionato e ha fatto un miracolo».
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Giovanni Minoli continua ad amare la tv ma critica fortemente il modo di fare informazione e soprattutto i talk show. «I dibattiti in TV sono una cosa assolutamente superflua nel 90% dei casi, perché tu hai una compagnia di giro che più o meno è sempre la stessa, che più o meno esprime sempre le stesse opinioni, si sono distribuiti compiti. Come in tutte le compagnie di giro teatrale, ognuno fa la sua parte in commedia. Fa la sua parte in commedia senza contare niente, perché non è neanche un politico che poi, almeno alla fine, fa le leggi. I commentatori non fanno niente, commentano e finisce lì. Quindi mi sembra un modello di televisione fatta più a favore dei produttori della televisione che risparmiano, perché si chiama radio quella lì che fanno, non televisione, perché la differenza tra radio e televisione dovrebbero essere le immagini e lì immagini non ce ne sono».
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Di come si sta modificando la comunicazione e dell'importanza del servizio pubblico e dell'informazione di qualità dice: «Con i social si è passati molto in fretta da noi all'io. L'io è un limite nella comunicazione. La televisione generalista nello stesso giorno, nella stessa ora, nello stesso tempo crea la comunità».
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