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Giornata Mondiale per l'eliminazione della Violenza contro le Donne - con Andrea Cerroni
Radio Roma
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1 anno fa
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a casa di amici il Salotto di Radio Roma è la giornata mondiale contro scusate per l'eliminazione
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contro la violenza sulle donne e come dire si parla continuamente della nascita di questa
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giornata del valore che ha questa giornata ma poco spazio è dato invece al valore del
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significato della riflessione del rispetto tutte tematiche che dovrebbero essere forse
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applicate ogni giorno per sradicare un problema di natura culturale ma adesso facciamo una
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piccola pausa cerchiamo in qualche modo di metterci da parte facciamo parlare i veri
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professionisti coloro che studiano che ricercano e analizziamo il problema che probabilmente
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utilizzare questo termine sarebbe anche riduttivo cerchiamo di analizzare alcuni aspetti con
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diciamo così ecco in termini anche sociologici e io oggi ho il piacere e l'onore di ospitare
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anche se in collegamento video quindi anche se a distanza il professor andrea cerroni sociologo
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e ovviamente ci sono poi tantissimi altri aspetti professionali che rendono per l'appunto possibile
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questo questo collegamento e questo approfondimento quindi intanto professore io la ringrazio di
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aver accettato il nostro invito per parlare di un tema così delicato ma che non deve più essere un
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tabù quindi grazie mille grazie a voi è davvero un piacere io volevo partire dal fatto che come
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dicevo in precedenza ma come lo stesso direttore claudio micalizio in apertura ha fondato una
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riflessione sul grande rispetto e non è soltanto la giornata mondiale per l'eliminazione con della
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violenza contro le donne ma è ogni giorno è un problema di natura culturale per cui con il suo
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aiuto io vorrei tornare un po indietro nel tempo ad analizzare anche i valori tradizionali e la
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società di un tempo per l'appunto perché le chiedo ma in che modo i ruoli di genere tradizionale
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stanno influenzando ancora ancora adesso e quindi contribuiscono a normalizzare se così possiamo
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dire comportamenti violenti beh sì allora cominciamo col dire che ci sono dei casi anche
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di attualità che sono drammatici non solo nella nel loro specifico ma anche nello spaccato che
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aprono su che razza di società stiamo costruendo giorno per giorno e quindi quando poniamo
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attenzione a queste situazioni questi casi a questi problemi tra virgolette questo termine
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dobbiamo sempre tenere presente che stiamo lavorando per un cambiamento generale della
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società mi riferisco al caso di Giselle Pellicot in Francia adesso non voglio entrare in dettagli
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ma insomma sono di attualità sono disponibili su internet casi allucinanti ecco allora la tradizione
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i ruoli tradizionali ma i ruoli tradizionali però bisogna intendersi perché ancora abbiamo gli
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echi di una spaccatura per dire cartesiana alla donna è riservato la sfera delle emozioni degli
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affetti della casa all'uomo quelli della fatica del lavoro come fatica e della guerra già qui
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sentiamo qualche assonanza anche nella attualità che stiamo vivendo però questo diciamo è un eco
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lontano che non vuol dire che non conti ma che si scontra con un fatto che i ruoli sociali tipici
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storicamente erano quelli che papà lavora la mamma sta a casa ecco ma ormai da 40 anni 30
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anni non soltanto si lavora in due ma in due non si arriva neanche a fine mese quindi c'è una
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un'attenzione sociale che ovviamente genera delusioni ansia rabbia che poi è abbastanza
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non vorrei dire naturale perché non c'è niente di naturale c'è qualcosa di sociale qualcosa di
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personale sempre però si rovescia sul più debole più debole in generale che può essere più debole
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sul piano fisico ma può essere anche più debole sul piano economico sul piano del prestigio sul
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piano sociale più in generale il fatto di aver consegnato la sfera degli affetti comunque a una
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delle due componenti della famiglia tipica avendo ridotto il rapporto d'amore a due cose o l'amore
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romantico fanciullesco oppure ha un possesso se non una sessualizzazione totale del rapporto d'amore
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è certo non favorisce non dico il soltanto il dialogo fra i generi ma addirittura mette in
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ombra anzi rimuove un'altra tradizione che era tipicamente italiana che la tradizione umanistica
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pensare al ruolo che Dante assegna all'amore dove il vero collante nel rapporto d'amore è la mutua
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scoperta di se stessi allora è chiaro che un rapporto del genere non contempla la violenza
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ma non non contempla neanche un consenso formale ma un uno slancio compartecipativo alla creazione
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di qualche cosa di maggiore della somma delle due parti ecco nel momento in cui quindi rimuoviamo
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questa tradizione ci teniamo soltanto quell'altra e magari ci aggiungiamo sessuofobia ma diciamola
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anche sessuocentrismo come spesso nei media si vede è chiaro che viene a mancare il presupposto
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del valore del rispetto dell'altro è tutto concentrato su se stesso sulla realizzazione
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degli impulsi personali che possono essere di piacere ma anche di rabbia. Diciamo che le
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motivazioni poi che sono alla base sono diverse ma nessuna è una giustificazione questo sono anni
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che cerchiamo in qualche modo di divulgarlo e a proposito di divulgazione secondo lei qual è il
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ruolo attuale anche un po il peso dei media non solo della in qualche modo della perpetuazione
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ma anche del contrasto della violenza di genere. Allora mi faccia dire una cosa che può essere
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controintuitiva noi ce la prendiamo spesso con i media con i social media in realtà questi sono
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degli amplificatori cioè non sono onnipotenti questo non vuol dire che non siano potenti ma
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sono potenti in che cosa nell'esaltare qualche cosa che già c'è e in questo qualcosa che già
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c'è c'è tutto il contrario di tutto e questo fa parte anche delle cause del disorientamento
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tipicamente degli adolescenti non soltanto siamo tutti un po sbalestrati perché arrivano messaggi
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contraddittori su qualunque argomento in qualunque situazione quindi non diamo la colpa ai media
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perché non è così che risolviamo il problema questo non assolve i media come andare alla
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ricerca di origine sociale di questi fenomeni non assolve nessun soggetto che compia un reato
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compia una violenza quindi non ce la possiamo cavare dando la colpa a qualcuno. Quindi gli
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operatori dei media certo devono essere responsabili ma come ogni soggetto ormai
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nella nostra società deve essere responsabile e chiamato alla responsabilità. Ecco questo è un
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discorso molto importante che cerchiamo ormai da tempo qui anche nella trasmissione di trasmettere
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noi abbiamo questa tendenza a de responsabilizzarci di lasciare tutto come dire scorrere ma in realtà
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siamo noi i primi attori sociali che dovremmo in qualche modo assumerci le nostre responsabilità
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porci delle domande riflettere quindi dire che magari ecco è colpa dei media è colpa
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dell'interpretazione è colpa di quello che è detto o di quello che non è stato detto credo
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che sia ormai superfluo sterile e anche molto superficiale da parte nostra ma si parla spesso
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di educazione alla non violenza ultimamente se ne parla tantissimo soprattutto perché si può
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diciamo considerare questo processo come un elemento di prevenzione della violenza di genere
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come dire più in generale della violenza secondo lei in che modo potrebbe essere efficace se può
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essere efficace? Allora come prima dicevo dei media la stessa cosa dobbiamo dire anche
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dell'educazione perché quando parliamo di educazione parliamo di scuola e allora su questo
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dovremmo cercare di smetterla di assegnare alla scuola il ruolo di tappare tutte le falle che
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persone e società costruiscono giorno per giorno e questo anche per un altro motivo perché come
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dicevo prima che c'era un'altra tradizione culturale in Italia che è stata messa in
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secondo piano ma qual è la migliore educazione sentimentale dello studio della letteratura dei
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romanzi delle poesie della storia che testimonia il cambiamento dei rapporti tra i generi e
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questo cambiamento non è consegnato al passato ma può essere anche nel futuro quindi se anche
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dobbiamo riconoscere che c'è il mantenimento di una tradizione, le tradizioni sono sempre cambiate,
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quindi possono cambiare ancora oggi. Quindi col termine educazione stiamo attenti a non
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snaturare il ruolo della scuola, l'altro ruolo della scuola è quello di ascensore sociale che
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presuppone che ci sia una società che genera problemi e la scuola deve risolverli, la scuola
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deve fare un'altra cosa, deve costruire cittadini responsabili del domani dandogli gli strumenti per
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non soltanto interpretare la società ma anche conoscersi e qui entra il rispetto per l'altra
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persona per se stesso e proprio nella scuola avviene questo incontro con l'altro sia fra pari
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sia intergenerazionale che aiuta la scoperta di chi si è davvero e poi diciamocelo, questo è un
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tema caro alle femministe da sempre, che cosa vuol dire educare sulle questioni di genere? Vuol
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dire emancipare o vuol dire liberare? C'è una bella differenza. Perché emancipare potrebbe
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semplicemente dire lavoriamo sulla parità che in una società diseguale, in una società che non ha
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rispetto dell'altra persona vuol dire promuovere il non rispetto da parte di tutti, questo
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voglio dire a qualcuno può sembrare anche opportuno un aspetto positivo, ma la migliore
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tradizione femminista metteva in luce la critica sociale e cioè la liberazione, cioè proprio
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lavorando su una emancipazione reale nel mondo reale, non nel mondo astratto, sul quale è anche
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difficile che ci siano persone che dicano no siamo contro la parità. Oggi questo è stato
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conseguito, a parole nessuno lo può dire, ma se c'è una società diseguale che cosa vuol dire
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mettere alla pari tutti quanti in una società diseguale? Non vuol dire certo risolvere le
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diseguaglianze, risolvere le violenze in generale e poi non ci divertiamo e se ci sono 100 morti
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all'anno di suicidi e stracce, ce ne sono 700 all'anno di morti sul lavoro, che è un'altra
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strage e non sto dicendo che uno vale un settimo, non si pesano numericamente questi, sono fenomeni
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drammatici, ma testimoniano una drammaticità nella società e soprattutto dei rapporti fra le
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persone e quindi una liberazione vuol dire anche un'opportunità che anche i maschi, anche gli
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uomini dovrebbero capire di poter cogliere, così come è stato negli anni 70 la scoperta, non per
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tutti, ma per quote crescenti della popolazione, della sfera degli affetti, cioè i papà di oggi
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non sono i papà di 50 anni fa, io con i miei figli e non ho visto parlare a mio padre con me,
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tanto meno mio nonno con mio padre, e questo grazie soprattutto al movimento femminista,
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ma su questo non ho il minimo dubbio, perché è chiaro che chi vive la drammaticità in prima
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persona sente più fortemente quali sono i problemi, poi però sono problemi di una
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infelicità generale, di un'ansia, di un'angoscia che coinvolge tutti quanti.
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