Il risveglio della Thailandia è stato sotto il segno della legge marziale e della censura dei media, proclamate martedí notte dal capo di stato maggiore Prayuth Chan-ocha, dopo sei mesi di crisi politica costata 28 morti e oltre 800 feriti.
Pranee Sawaspakdee, pendolare: “Se devo parlare della mia sensazione, direi che sono felice che qualcuno dia una mano per ripristinare la pace”.
Thanakit Sriprom, impiegato: “Pensavo che i militari arrivassero prima. Avrei voluto che l’esercito monitorasse le proteste. Avrebbero dovuto essere qui, prima”.
In Thailandia, tutti sembrano essere soddisfatti e felici, tranne Yingluck Shinawatra. La donna primo ministro, sorella minore di Thaksin, destituito da un colpo di stato nel 2006, che una sentenza della Corte Costituzionale ha destituito a sua volta il 7 maggio scorso per “abuso del potere politico a fini personali”.
Oltre alle truppe in strada anche manifestanti pro e contro il governo.
Gli oppositori protestano da novembre con l’obiettivo di “estirpare il regime Shinawatra”, mentre le filogovernative camice rosse o “Red shirts” non accettano il suo esonero.
Il provvedimento militare assegna accresciuti poteri alle forze armate, ma l’esercito nega che si tratti di un colpo di stato.
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