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  • 12 anni fa
Rocce carsiche
sono le vie del cuore,
col sangue che colora ogni remoto anfratto,
come l'acqua marina
che si immette,
e sbatte, ruzzola, s'affanna,
sotto le rocce di questo dolce mare
del mio Salento che ho fisso nel cuore.
Oh, patrie mie,
oh, flutti che correte dallo Jonio
al Tirreno, e ritornate,
tratturi antichi che vi somigliate,
pur se su contorte vie vi sviluppate.
Italica progenie,
che spinta fuori dalla terra tua
in punta allo stivale ti fermaste,
gente della tribù d'Omero
che sulla nuova terra vi insediaste,
io nel sangue avverto i geni antichi,
e la cultura vostra plasma il mio dna
con la sua poesia e mi stupisce.
E mi cullo nella fantasia
degli esuli di ambo le contrade,
nel loro spirito di forza di lottare
per nuove progenie attive sviluppare.
E rimpiango insieme a loro i lidi antichi,
dei Calabri, dei Brutii e dei Messapi,
e degli ostinati popoli Japigi.
E nell'impegno di lotta
contro le avversità di terre ingrate
anch'io mi perdo,
e nel cullarmi tra versi e melodie
la mente mia disperdo
come i primi cultori
che le tracce antiche ai posteri lasciarono
lungo le spiagge di un ingrato mare
che sempre sospinse ad altri lidi
i propri figli e li lasciò penare.

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