Quando finisce la bella stagione, calano le possibilità di fare conoscenze femminili per strada. Con il sole e il bel tempo, posso inventare un pretesto per parlare con le donne che passano sul marciapiede. Posso fare qualche osservazione sul caldo, sul tempo, sul ritardo del tram. A volte sono fortunato: se c’è una donna che ha perduto le chiavi, o che non riesce ad aprire la borsetta, io mi offro di aiutarla. Ma con vento e pioggia, nessuno ha più voglia di parlare. Le donne camminano in fretta, io indosso sciarpa, berretto, e così è più difficile comunicare. Le donne si allarmano quando si avvicina uno sconosciuto con la sciarpa che lascia vedere poco il viso. In un viale ombroso, d’estate, se incontro una bella ragazza posso dirle: “Va a passeggio signorina?” La domanda suona spontanea e naturale. Ma se lo stesso viale è flagellato dalla pioggia o irrigidito dalla brina in inverno, non posso dire questa frase; suonerebbe sarcastica e falsa come una presa in giro. L’inverno isola. Certo ci sono i club, i bar, i locali riscaldati. Ma in quei posti è tutto più artificioso e formale. L’incontro uomo – donna, il primo incontro, è più bello se avviene all’aperto, in mezzo alla natura. Su una spiaggia, in un giardino, in un viale di tigli. Quante belle ragazze ho conosciuto d’estate in parchi, giardini o feste all’aperto. Gli incontri al chiuso sono formali, meccanici, programmati dal padrone del locale che guadagna la percentuale: la bibita, il dolce, il caffè. Oggi è una domenica d’estate. Sul marciapiede passa la sorella di un tizio che non vedo da anni. Ha un vestito bianco, capelli nerissimi ed è bella e formosa. Io le vado incontro e quando sono vicino le dico: “Buongiorno signorina. Come sta Paolo? Sono suo amico e non lo vedo da tanti anni”. Lei si ferma
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