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  • 24/08/2013
Lettura di Cristina Penco.

Siamo quasi arrivati. Di tanto in tanto, Paola mi lancia uno sguardo scettico: che figura farò se quel posto non esiste più? Già me la immagino: “Te l’avevo detto che sarebbe stato meglio informarsi prima. Magari si poteva provare a cercarlo su internet”. Certo, internet. Perché oggi anche fare due passi a vuoto costa troppo. Mi guardo intorno e vedo che la via è piena di pub, piadinerie, paninoteche, ristoranti (etnici soprattutto): male che vada, un altro posto dove mangiare lo troveremo. Anche se non sarebbe la stessa cosa ...

- Paola, ma te l’ho detto che, nei momenti di poca ressa, il proprietario suonava il sax? Non era sicuramente Fausto Papetti, però era una cosa molto piacevole.

- Sì, papi, me l’hai già detto: lui suonava e la moglie sgobbava cucinando, servendo i clienti e facendo gli scontrini.

La guardo fingendomi contrariato, ma tanto sa che mi divertono il suo scarso romanticismo e queste sue uscite da femminista. Somiglia abbastanza a sua madre in questo, ma è molto meno irritante. Sarà perché è sangue del mio sangue. O forse perché, in fondo in fondo, è meno cinica di quanto voglia far credere: ha preso pure un po’ da me, che sono un sentimentale (troppo sentimentale, secondo sua madre).

Ecco il vecchio collegio. Lì studiava una mia vecchia fiamma. Si chiamava Enrica ed aveva degli splendidi capelli castani, lunghi e luminosi. Ma questo a Paola non lo racconto: non vorrei che questo viaggio nel passato per lei diventasse troppo noioso o, peggio, patetico. Ancora qualche metro e saprò se la mia caccia al tesoro darà l’esito sperato. Quasi mi batte il cuore per l’emozione: che idiota!

- Pa’, ma quello non è il collegio? Avevi detto che...

- Sì, il posto dovrebbe essere poco oltre.

Proprio quando

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