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  • 21/08/2013
Lettura di Francesco Cusani.

Tra i tanti di via Sincero c’era Ginetto, piccolo, magrissimo, la pelle bianca, finissima e traslucida che sembrava dovesse spezzarsi da un momento all’altro, con due occhi piccolissimi, ma azzurri intensi che si muovevano continuamente, quasi a cercare sempre qualcosa di nuovo.
Ginetto era della nostra età, ma dimostrava la metà degli anni e, a Primavalle, questo poteva essere un problema… Per lui no, era simpatico ed indifeso, parlava con un accento romano schietto e poi era amico di tutti. Lo chiamavamo “er gallina“ per via del gozzo pronunciato ed il petto in fuori; i capelli ricci e biondastri appiccicati alla testolina si ammassavano al centro quasi a formare una cresta.
Ricordo che un giorno andammo a caccia di serpi alla marana e lui correva appresso alle bisce come un pollo sui vermi, io mi divertivo a schernirlo con la storia del gozzo, ma Ginetto era contento, rideva e diceva sempre “nnamo a rega’, semo i mejo, semo quelli de Sincero”.
Via Luigi Sincero era la cosa che veramente ci univa tutti, anche se lui viveva in fondo alla strada, dove alcuni vecchi garage erano stati adattati a qualcosa di simile ad una casa.
Credo che nessuno sia entrato mai in quel buco buio e trasandato.
La mamma gli morì di cirrosi epatica quando era molto piccolo e nella casa viveva con sua sorella Danila ed il papà Peppe, sempre ubriaco e silenzioso.
Danila sembrava fosse stata catapultata in quella casa dallo spazio: alta, bionda, elegante, con un viso regolare e penetrante… i due fratelli avevano in comune solo il colore degli occhi, ma quelli di Danila erano grandi ed intensi.
Danila era troppo bella per curarsi di quel fratellino e di quel padre sempre ubriaco, così un giorno sali su una grossa Alfa e scomparve da via Sincero.
Nelle interminabili partite di pallone, spesso Ginetto era solo spettatore, ma non disperava di poter entrare al

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