A volte, si chiama solitudine questo buio che opprime -il nulla- lo sento, aggrappato a punte di stelle nascoste tra le pieghe del cielo celate, come pudiche dee nell'infinita notte. La chiamo paura l'incertezza dell'effimero sole che precipita lesto dentro al tramonto. Sono nastri di sogni assottigliati da mesti risvegli quando, tra palpebre dolenti salmastre lacrime, bagnano le aurore. Lo chiamerò coraggio il planare oltre l'indaco d'arcobaleni atterrare poi, lontano dal rimpianto.