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LifestyleTrascrizione
00:00Buongiorno, sono qui con il professor Brunori, professore associato di nefrologia all'Università
00:10di Trento, nonché past president della Società Italiana di Nefrologia. La prima domanda che
00:19vorrei fare è professore Brunori, lei che ha avuto una carriera dedicata completamente
00:25alla nefrologia, ma da dove nasce la passione per la nefrologia? Cosa l'ha condotta a interessarsi
00:32di questa disciplina? È nata alla fine degli anni 70, il quinto anno di nefrologia, dove
00:39si decide la tesi di laurea al reparto dove si vuole frequentare. In quel momento la nefrologia
00:47stava vivendo un cambiamento epocale, l'innovazione tecnologica in dialisi, quindi tutte le nuove
00:54apparecchiature per il trattamento dialitico, si stava sviluppando la dialisi peritoneale,
01:00si facevano i primi trapianti di rene, le terapie monosoppressive, per cui sicuramente gli anni
01:0670 e anni 80 hanno rappresentato un po' uno dei punti, perché chiaramente anche adesso
01:14ne abbiamo molti, però dei punti epicali della nostra specialità, quindi un grosso interesse
01:21da parte di noi studenti di medicina, pensi che quando ho fatto la tesi eravamo in 10 in
01:27reparto, oggi come oggi nei reparti di nefrologia ne trovi uno o due, sicuramente sono cambiate
01:35tante condizioni, ma diciamo che il vero valore aggiunto nostro in quegli anni era davvero
01:41una specialità in grande espansione che aveva un pregio in quegli anni, riusciva a salvare
01:50la vita a persone molto giovani, non dimentichiamo che negli anni 70, inizio degli anni 80 il trattamento
01:57dialitico era riservato a persone che non avessero fatto più di 40 anni, quindi noi ci trovavamo
02:03anche di fronte dei dilemmi, che adesso diremmo dei dilemmi etici, quelli di decidere se dializzare
02:10o non dializzare una persona, i diabetici non iniziavano la terapia dialitica, per cui c'erano
02:17davvero dei grossi limiti e in quegli anni cominciano a svilupparsi invece tutte le nuove
02:23tecniche, soprattutto di terapia sostitutiva, che permettevano anche ai pazienti che prima
02:29non erano ammessi a un trattamento dialitico di poterci accedere, per cui davvero era una
02:34disciplina affascinante, possiamo dire davvero affascinante, che mescolava una grande capacità
02:42clinica, diagnostica a tutta quella che poteva essere la parte di tecnologica e interventistica,
02:48i nefrologi in quegli anni hanno sviluppato tutte quelle che sono state le capacità nella
02:53realizzazione degli accessi vascolari, nella dialisi peritoneale, per cui c'era un grosso
02:58fervore attorno alla nefrologia, sicuramente questo è stato uno dei motivi che mi ha portato
03:03poi a fare la scelta di fare il nefrologo.
03:05Questa passione come si è tradotta nella sua pratica clinica e nella sua esperienza di successo
03:12di direttore dell'unità operativa complessa di nefrologia e dialisi di Trento?
03:18Si è sviluppata in quello che potremmo definire un percorso che negli anni 80 e 90 era abbastanza
03:24naturale, frequentavi il reparto, cominciavi a essere un medico volontario, da lì poi
03:31qualche volta riuscivi ad avere quegli incarichi temporanei, ho avuto la fortuna di, dopo un
03:38anno finito il militare, di essere assunto a tempo indeterminato e questo poi mi ha permesso
03:44di poter fare un anno all'Università di Los Angeles dove avevo maturato e bettuto all'esperienza
03:49su quella che è la gestione da un punto di vista nutrizionale dei pazienti con malattia
03:56renale cronica o in trattamento dialitico. Assieme all'amico che purtroppo ormai non c'è
04:03più, Bruno Cianciaruso, eravamo diventati un riferimento a livello nazionale proprio di
04:08tutta questa parte di grosso interesse che era la parte nutrizionale. Da lì poi un po' alla
04:16volta acquisisci competenze, abbiamo sviluppato moltissimo quando ero a Brescia con il professor
04:21Maiorca prima e il professor Cancarini successivamente, tutta quella che era lo sviluppo della dialisi
04:28peritoneale. Brescia è diventata negli anni 80 e 90 uno dei due, perché l'altro centro
04:37era a Vicenza, i due più grossi centri di dialisi peritoneale a livello italiano, hanno
04:41fatto scuola, quindi hanno dato la possibilità a pazienti di poter essere trattati a domicilio.
04:50Questo basterebbe per farci pensare quanto in questo momento sulla cronicità, sui nuovi
04:56documenti sulla cronicità del Ministero si parla di domiciliarizzazione delle cure.
05:02Io posso dire che ho vissuto gli anni in cui senza saperlo abbiamo domiciliarizzato le cure,
05:09quindi sono stati dei precursori. È evidente che un'esperienza così, diventando poi negli
05:17anni un riferimento della dialisi peritoneale a Brescia, l'ambulatorio della malattia cronica,
05:23la gestione con le terapie conservative perché gli anziani potessero evitare il trattamento
05:30dialetico. Sono state tutte competenze che poi mi sono servite moltissimo nella gestione
05:35dell'unità operativa di Trento e ho avuto il piacere di poter condurre, ma soprattutto
05:44di avere dei grossi collaboratori, dei collaboratori molto impegnati che hanno condiviso questo
05:51mio sogno, cioè di diffondere sul territorio il trattamento della patologia facendo in modo
05:58che il paziente potesse restare a casa. In effetti negli anni siamo diventati uno dei
06:03più grossi centri compatibilmente in rapporto alla popolazione di dialisi peritoneale, quindi
06:09dei centri che gestiscono con le terapie conservative i pazienti per posticipare il più a lungo possibile
06:17del trattamento dialetico. Nel momento in cui tu hai dei collaboratori che condividono questa
06:25tua mission, perché poi la mission che mi ha dato l'azienda era quella di sviluppare
06:31teleterapie domiciliari in particolar modo, è quella che ci ha permesso poi di raggiungere
06:36questi successi. A questi vanno poi aggiunti sempre perché ho avuto dei collaboratori che con
06:43me hanno condiviso questo sogno di diventare uno dei centri più importanti a livello italiano
06:48per quanto riguarda il trattamento dialetico nei turisti. Noi ci dimentichiamo molto spesso
06:55che un paziente dializzato è legato alla macchina e al centro dialisi. Noi siamo stati un centro
07:02che negli anni, ma anche recente, fino all'anno scorso, vedremo poi questo 2025 che i risultati
07:11ci darà. Abbiamo viaggiato tra i 1500 e le 2000 sedute dialitiche per turisti, quindi
07:17abbiamo garantito mediamente tra 300 e 400 persone di poter venire via dal loro centro
07:25di riferimento, pazienti che fanno dialisi in ospedale, l'emodialisi, e avere la possibilità
07:32di trascorrere una o due settimane nei centri dialitici sparsi per tutto il Trentino. Anche
07:38questo è, a mio giudizio, un modello che altre unità operative, che altre regioni hanno
07:44preso. Come tutti hanno copiato quella che è stata un po' la nostra innovazione di portare
07:49la dialisi peritoneale nelle case di riposo. Molto spesso abbiamo pazienti anziani dializzati
07:56e quindi con questa metodica riusciamo a evitare lo spostamento dalla casa di riposo all'ospedale,
08:02e quindi questo andare avanti e indietro tre volte alla settimana dei pazienti. Per cui
08:07davvero, tutta quella che è stata l'esperienza gestionale, chiamiamola così, che ho maturato
08:13a Brescia, la dialisi peritoneale, la gestione dei centri periferici, tutte le problematiche
08:18interventistiche, la chirurgia del paziente con malattia renale, tutte le terapie nutrizionali,
08:26le terapie a ridottissimo apporto proteico per posticipare la dialisi. Sono stati tutti
08:32i punti che mi sono portato a Trento e che ho avuto la fortuna davvero di poter anche
08:37qui realizzare o comunque concretizzare, ma perché ho avuto la fortuna di avere dei collaboratori
08:43che avevano la mia stessa visione.
08:44Grazie professore per aver voluto condividere questa sua esperienza di successo della gestione
08:53del territorio della provincia di Trento e comunque questo credo che sia un modello veramente di
09:01successo, di politica socio-sanitaria anche perché sia in un territorio difficile come
09:09quello della provincia di Trento, che ci sono molte valli montuoso, quindi non solo rispondere
09:16a un'esigenza della popolazione venire incontro alla qualità di vita delle persone che la
09:21abitano, che hanno un problema di patologia nefrologica a serie, quindi di dover dializzare
09:27e poi anche politica socio-economica perché il fatto di rendere accessibile il Trentino
09:33da un punto di vista turistico anche a persone dializzate mi sembra davvero un ottimo successo
09:41e terzo e non ultimo punto quello di favorire la qualità di vita delle persone nelle case
09:46di riposo, portando lì la dialisi, dei centri di dialisi, quindi mi sembra un bel programma
09:54di politica sanitaria che è riuscito ad attuare.
09:56Una curiosità, oggi siamo qui per questo progetto FabriLab che ha l'obiettivo di favorire
10:03la gestione multidisciplinare del paziente Fabri, una malattia metabolica genetica rara
10:10da accumulo lisosomiale che vede il rene coinvolto come uno degli attori principali e come questo
10:20ottimale modello gestionale del territorio si può applicare alla gestione di un paziente
10:27che richiede comunque una gestione multispecialistica. Come pensa dal punto di vista di gestione
10:35clinica che l'approccio multidisciplinare, perché questo è il focus del nostro corso,
10:43possa essere vincente per il management di questo particolare tipo di paziente?
10:49Una delle caratteristiche più importanti che siamo riusciti a mettere in Trentino come
10:53nefrologia è stata quella di avere una cosiddetta unità operativa multizonale, cioè tutti i
11:00nefrologi che lavorano in Trentino, siamo 16, afferiscono la stessa unità operativa.
11:07Questo vuol dire che tu hai lo stesso modello di gestione della patologia condiviso da tutti
11:14medici. Allora questo ti permette di dire che il paziente che sta a Cavalese rispetto a quello
11:19che sta a Riva del Garda, quindi sul lago di Garda, distanti 150 km, 140, sono gestiti
11:28alla stessa maniera. Il paziente non ha un trattamento diverso, come purtroppo succede
11:33molto spesso nelle grandi città dove ci sono più offerte di questo tipo, il paziente comincia
11:40a girare per le varie unità operative, per i vari ambulatori, molto spesso confondendosi
11:46anche sulle terapie, sui trattamenti e quindi per noi è diventato molto importante esser sicuri
11:54che il paziente con questo tipo di patologia, patologia renale, ricevesse lo stesso trattamento
12:00sia che vivesse sotto le grandi montagne del Trentino o in riva al lago di Garda. Per cui
12:08questo è il valore aggiunto che può avere una nefrologia cosiddetta multizionale e noi
12:17possiamo traslare lo stesso modello nella malattia di Fabri, la malattia di Fabri di accumulo
12:23dove il rene è uno degli organi che è particolarmente colpito e che può determinare poi o evolvere
12:30verso l'insufficienza renale, ma il rene è uno degli organi, non è l'organo che è interessato
12:38dal danno. Non è come nelle glomerulone friti dove è la membrana basale del rene o è il podocita
12:45del rene che viene a essere. Noi possiamo avere l'interessamento del cuore, del sistema nervoso,
12:50del sistema gastroenterico, quindi del rene chiaramente l'abbiamo detto, per cui sono più
12:56gli organi che sono interessati. E allora ecco che diventa molto importante poter avere
13:03una gestione di più specialisti ma con un'unica, chiamiamola regia, cioè questi specialisti
13:10che vengono da specialità diverse però si trovano attorno allo stesso paziente. Quindi
13:15non è il paziente che deve andare dagli specialisti e cominciare questo pellegrinaggio nelle varie
13:23chiese, ma sono gli specialisti che si riuniscono attorno al paziente. E qui è come il modello
13:29che noi abbiamo, sono i nefrologi che vanno sul paziente in Trentino, sia che sia in montagna
13:35sia che sia in riva al lago. Ecco allora che su questo modello, questo Fabri Lab che è
13:41stato lanciato in questo incontro, vuole essere un po' la pripista di quello che deve diventare
13:48un modello gestionale, cioè il paziente deve essere gestito dagli specialisti che si interessano
13:56dell'organo che viene colpito ma devono farlo in maniera condivisa. Certo ci vorrà sempre
14:03un regista, molto spesso il nefrologo, il regista che assieme al dermatologo, il neurologo,
14:08il osteoenterologo, il neurologo, il cardiologo, ma sono tutti loro che partecipano alla gestione
14:14del paziente. Questo è il giudizio, il messaggio molto importante che deve uscire da questo
14:20incontro, da questo Fabri Lab e deve essere davvero un po' quello che sarà il modello
14:26che viene replicato sul territorio e mi auguro sul territorio nazionale. All'interno di questo
14:32modello è evidente che noi ci rivolgiamo molto di più ai pazienti del cosiddetto Triveneto,
14:36a Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli, creeremo o in fase oramai di… è già più
14:44che creato questo rapporto privilegiato tra Trento, Verona, Padova, ecco che quindi esperienze
14:51comuni che vengono condivise possono permettere anche a molte altre realtà del nostro Triveneto
14:56di poter copiare questo modello e allora sono più che certo che i pazienti troveranno
15:05le reali loro risposte. Oggi si è parlato di attività fisiche, si è parlato di problematiche
15:09nutrizionali e direi che questo potrà fare davvero la differenza. Questa gestione condivisa
15:16multidisciplinare di una patologia che molto spesso era gestita o dal nefrologo perché
15:22è l'organo più interessato o dal cardiologo, però forse dimenticandoci quello che c'era
15:27attorno. Oggi come oggi riusciamo davvero a portare allo stesso tavolo tutti gli specialisti
15:31che possono dare una risposta su questa patologia e direi che questo è il grosso successo di
15:37questo laboratorio qui a Trento oggi che davvero mi auguro che diventi un po' il modello che
15:43venga esportato in tutto il territorio nazionale.
15:46Grazie davvero per questa preziosissima testimonianza che mette in luce come il modello gestionale
15:53sia fondamentale per una gestione di progetto dei diversi aspetti. A proposito di modelli gestionali
15:59di successo per quanto riguarda la nefrologia, sono modelli esportabili in altri contesti
16:07e in altre parti del mondo con condizioni socio-economiche diverse dalle nostre?
16:13Penso proprio di sì. Chiaramente richiedono un grosso sforzo perché vuol dire farsi carico
16:20della formazione di medici e infermieri di quello che è un po' il terzo o il quarto mondo.
16:26Lei ha esperienza in questo campo?
16:28Dal 2006 ho avviato diversi progetti di attività di volontariato internazionale per lo sviluppo
16:37dei trattamenti di alici. Noi non dobbiamo dimenticare, molto spesso ci passa così davanti
16:44agli occhi, che tutta una parte del mondo, una grossa parte del mondo, più dei due terzi
16:50del mondo non hanno accesso alle cure e quelli che hanno accesso, hanno accesso solo se hanno
16:55un certo reddito. Noi nel nostro piccolo, attraverso una grossa associazione di volontariato
17:04bresciana, che è cuore amico, che è legato alla diocesi, attraverso quelli che sono un po'
17:10ai punti di riferimento della chiesa in Africa prevalentemente, siamo riusciti a creare dei
17:15centri sanitari in cui abbiamo messo anche la dialisi. Io cito sempre uno degli esempi
17:23drammatici nella mia esperienza. Quando ho iniziato a lavorare nel Mali, Africa subsahariana,
17:29è un paese di circa 18 milioni di abitanti, c'erano 35 pazienti in dialisi. In Trentino
17:37negli stessi anni 500 mila abitanti, 250 in dialisi. Allora ti chiedi, ma non vanno in
17:44dialisi perché sono più sani o non vanno in dialisi perché? Non vanno in dialisi perché
17:50non possono pagarla, non l'hanno, non c'è l'accesso, non c'è la formazione. Con questo
17:56progetto di quello che potremmo definirlo in un termine abbastanza chiaro, cioè cercare
18:02di aiutare le persone a casa loro, farli crescere, portare la dialisi e portare la competenza
18:07nefrologica, fa crescere comunque tutta quella che è la parte assistenziale di medicina
18:12internistica, quindi qualifica i professionisti. E noi su questi progetti, ci ho lavorato moltissimo,
18:18ho formato medici del Mali, ho formato infermieri del Mali, abbiamo formato infermieri del Gana,
18:22abbiamo formato medici del Gana, abbiamo formato medici del Congo. Ecco allora che tu
18:29offri un'opportunità, dopo chiaramente devono essere gli stati che se ne fanno carico o i
18:34gruppi di volontariato o la chiesa, però tu offri un'opportunità perché il pensare
18:40da parte mia perlomeno che a quattro ore di volo da casa mia c'era gente che moriva perché
18:46non aveva accesso alle cure, non stiamo parlando di un satellite della Luna o di un altro
18:52pianeta. Stiamo parlando di quello che è il percorso per noi in macchina da Brescia
18:56a andare verso Roma, ammissibile che a una distanza così piccola ci siano delle differenze
19:02così importanti. Ecco un po' questo è lo spirito che mi ha portato a dire dobbiamo
19:08lavorare, ho avuto l'aiuto di molti amici, mia figlia che ha condiviso tutto questo percorso
19:14con me in Africa, di offrire un'opportunità. Noi non salveremo il mondo, è evidente che
19:21non possiamo salvare tutti i pazienti del mondo, però dove arriviamo cominciamo a offrire
19:27delle opportunità e molto spesso è come la goccia che uno dice è una goccia, però
19:33se tu raccogli una goccia, due, tre, riempi un bicchiere, riempi una bottiglia. Sono testimonianze
19:39che a mio giudizio servono perché dalla goccia di ogni esperienza di uno nasca poi
19:43quello che è un percorso, una ragnatela che si diffonde su tutto il territorio.
19:48Grazie professore per questa testimonianza che apre veramente degli squarci verso tante
19:57vostre, il nostro modo di vivere molto chiuso nella nostra prossimità senza guardare al di
20:05la possibilità di restituire qualcosa che a noi è stato dato. Grazie mille, grazie
20:11mille al professor Brunori, alla prossima puntata.
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