Marco De Mattia - Un ragazzo al mare

  • 11 anni fa
Lettura di Francesco Cusani.

Letto a castello.
Il ragazzo aspettava il momento giusto per mettersi a prendere il sole.
Si alzò e incominciò a spalmarsi per bene la crema solare.
Quella sensazione di fresco faceva sparire il bollore della pelle.
Nel bicchiere di plastica sopra il tavolo c’era del chinotto fresco di frigo.
Uscì in terrazzo e pose il sedere sopra la poltrona di vimini, con i piedi rivolti alla pergola.
Il venticello estivo mosse le fronde dei pini, degli alberi altissimi che raggiungevano il terzo piano dell’abitazione.
Sorrise pensando a quanto stupidi erano quelli che lavoravano.
Nelle fabbriche, arroventati dalla luce e dal calore delle macchine, vicino agli altiforni, costretti a massacrarsi come formiche operaie, negli abitacoli delle vetture, con la fisima di rappresentare e vendere in giro per il mondo.
Dentro le tute, tra giacche e cravatte, lungo i camici: la percorrenza del sudore dava nuova vita. La linfa del Dio denaro avrebbe riempito le tasche e dato benessere.
Anche il ragazzo faticava, in quel momento, e sudava.
Un liquido leggermente alcalino insaporiva le labbra, delle gocce cadevano sul pavimento e si accumulavano all’altezza dell’ombelico dopo aver percorso il torace, la linea addominale, fino a formare l’invaso sul piccolo cratere di carne.
“La mia timidezza non mi fa andare in spiaggia…”
Proprio così, era vero: avrebbe preferito isolarsi in casa senza aprire nemmeno un balcone, se solo il sole fosse potuto entrare lo stesso.
Ragionava come un depresso, quanto era difficile uscire, andare per strada, camminare sul lungomare, distendersi sulla sabbia.
Quanti bagnanti lo avrebbero guardato?
In quanti avrebbero osservato i suoi atteggiamenti, criticandolo nei minimi particolari?
“Stai a vedere i commenti per i grossi nei lungo la schiena, la cicatrice in fronte o la macchia da abrasione sul gomito. Gli addominali, ecco, quelli sì che vanno bene! Belli, scavati, oblunghi, in rilievo, muscolosi…”
Gli venne un dubbio se rimanere in terrazza o darsi una mossa e uscire.
Poi pensò alle dimensioni delle lenti degli occhiali che indossava:
fu colto dallo sconforto, assalito dalla disperazione, e rinunciò. Comprando una bella montatura firmata, con dei fondi di bottiglia almeno un po’ decenti e non dei telescopi… non dico lenti fotocromatiche, ma scure, per lo meno, così da apparire… sé stesso!
In questo modo nessuno poteva obbiettare della sua presenza al mare. Quando sarebbe andato a fare il bagno avrebbero detto sì, che era un po’ eccentrico o forse originale, ma avrebbe visto bene, lontano, avrebbe potuto perfino tuffarsi dal moscone, con gli occhiali addosso, o sbracciare dalla riva fino al largo e viceversa.
Le fantasie dei miopi, che assurdità!
Prese a leggere il giornale: Maniero era stato arrestato e la lira continuava a svalutarsi…
Ogni colpo di vento era una mazzata ai fogli, non ne volevano sapere di stare fermi.
Sorseggiò dal bicchiere, arricciò il naso sentendo l’odore di frittura provenire dal piano di sotto. Si addormentò…
Fu l’ultimo ricordo, prima di morire.

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