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Incontrando Mino Capuano
Ilcinematografo
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25/02/2025
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Cortometraggi
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Quando Chiove nasce, tanti tanti anni fa, cioè nel 2016, ma nasce in realtà per uno
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sbaglio tra virgolette, nel senso che io facevo un'accademia e dovevo realizzare questo corto
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di diploma e inizia col fatto che io scrivo questa storia che in realtà è uno dei capitoli
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del film, precisamente quello dei fratelli. Capisco, scrivendo la sceneggiatura, che io
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in realtà non volevo raccontare realmente qualcosa, un disagio, un litigio, un qualcosa
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che poteva rappresentare una sorta di conflitto, ma bensì volevo raccontare un po' la sfumatura
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che poi avviene in determinati momenti della vita, cioè io credo che le cose si aprono nella
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vita ma difficilmente si chiudono. Ho iniziato a girare questo capitolo qui che avevo 22-23 anni e
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quindi decido dopo un paio d'anni di continuare a indagare questo discorso, girando un altro
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cortometraggio, però lì mi arriva l'idea, dico, ok, io ho fatto un corto da 35 minuti, io forse
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ci voglio fare un film, ma il film deve essere a capitoli e deve essere una sorta di analisi
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della malinconia. Ora, la malinconia l'hanno raccontato tutti gli artisti e la racconteranno,
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quindi diciamo che mi andavo a scontrare con tanta incoscienza con un tema più che abusato e in
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realtà io non ci pensavo tanto che era così abusato, semplicemente volevo raccontare l'origine
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tra virgolette, tra virgolette, dell'origine della malinconia, di come si veniva generale
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quando uno è ragazzo, come viene accettata quando uno diventa un po' più grande e come viene poi
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superata alla fine, tra virgolette, in un momento in cui tu del mondo non te ne frega più niente
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sostanzialmente, se non diverti la vita, punto, fine.
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Io sono veramente tanto cresciuto col film, io ho capito tanto facendo il film, del mio tipo di cinema,
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cioè del cinema che volevo fare. Quello che si viene originare principalmente era l'origine del
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titolo, cioè dei titoli, dei capitoli. I capitoli sono Ambriana, Appocondria e Aleria e il primo che
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viene originato appunto è Appocondria e Appocondria in realtà rappresenta proprio il senso di tutto
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il film, Appocondria che è una sorta di malinconia dell'animo e questa sorta di saudaci che in
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portoghese si dice saudaci, in italiano non esiste un termine, o meglio il termine, il corrispettivo
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di saudaci è malinconia. Però è un po' troppo riduttivo, nel senso che Appocondria è una sorta di quasi
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malinconia felice, una sorta di... non è nostalgia, non è una cosa che io guardo al passato e mi
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dispiace, in realtà io lo accetto che sia finita e un po' è quella caducità della bellezza, ok?
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Il fatto di aver vissuto una cosa bella e nel frattempo che l'ho vissuta so anche che finirà,
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il fatto che fra poco tutto finisce e io sto vedendo un tramonto finirà e mi godo già la fine
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paradossalmente.
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Pino Daniele, quando io me ne vado dalla Campania, io sono di Marcenese, in provincia di Caserta,
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quindi non sono proprio di Napoli anzi, tu inceppi per forza in Pino Daniele perché Pino Daniele è
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una sorta che quando te ne vai arriva Pino Daniele che ti fa ricordare un po' tutto, ok?
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Quindi Appocondria era un momento dove ero particolarmente, in quel caso nostalgico, di casa
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e inizia ad invadere le mie giornate. Io all'inizio non avevo il titolo del film, ma avevo il titolo
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dei capitoli dopo aver preso e derubato, tra virgolette, tre titoli delle canzoni di Pino Daniele.
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La canzone che ti fa più piangere, almeno a mio parere, di Pino Daniele è sempre stata Quando
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giovo e con questa sorta di, insomma, in qualche modo cerca di prendere tutta la sua musica e
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raccontare un momento di cambiamento, quindi quando giovo mi sembrava il titolo perfetto per
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essere inerente con i titoli dei capitoli e in qualche modo per rappresentare proprio,
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insomma, tutto il dialogo e il discorso sulla malinconia che stavo facendo dall'inizio.
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Lei canta nel sole con il suo bianco cappellino dolce agli occhi sui di cielo, sempre messo il
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suo visino. Il film ha avuto una prima strana, nel senso che comunque è successo che Dani Moretti,
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tramite una lettera che io gli ho inviato, lo ha visto e ha deciso di sua spontanea di
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metterlo in Babybel. Non capivo nemmeno il perché, non era mai uscito da nessuna parte,
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non ha avuto una vita distributiva in sala e non l'avrà. Nel senso, il mio obiettivo era che
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potesse avere in qualche modo una distribuzione festivaliera, andare nel sistema e cercare di
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dire ok, io esisto e esisto in questo modo, io questo so fare e ora datemi fiducia, mi presenti
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in questo mondo e vi dico quello che so fare. E poi in futuro ovviamente il mio obiettivo è far
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sì che questo film lo vedano più persone, però la dinamica distributiva è molto complessa e
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quindi per una cosa e per un'altra non può avere una vita distributiva in sala purtroppo. Però
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in futuro probabilmente potrà giovare di una distribuzione. Non è il momento adatto per vari
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motivi e forse è anche giusto che sia così. Sono molto felice delle critiche, della stampa,
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dico insomma delle parole che hanno speso sul film. Io sto portando avanti il mio percorso
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con un film di questa scrittura, ho una casa di produzione alle spalle, insomma mi auguro
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che al più presto possa realizzarlo ecco, possa concretizzarsi questa cosa.
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Progettamento delle emozioni attraverso veramente piccole cose, ecco che per me poi è questo
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l'obiettivo principale, quindi sicuramente Mosca cieca che arriva dopo Quando chiova e dopo
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Sharaballa, che è appunto il corto precedente di Mosca cieca che è andata a Clermont-Ferrano.
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Decido di affrontarle in maniera diversa, quasi appunto cercando di sfidare me stesso ancora di
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più nel minimale. Il mio nuovo film continua un po' il discorso di Quando chiova in maniera
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totalmente diversa. Noi viviamo in questa epoca moderna in cui a parte tutto quello che succede a
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livello geopolitico viviamo in una costante pressione da parte della società e di base il
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film cerca di raccontare una sorta di racconto multilineare, ma con un unico protagonista in
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realtà stavolta, ma il racconto continua a essere multilineare, una sorta di quasi che cos'è il
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fallimento, dove c'è veramente quella linea in cui diciamo quella persona non ha raggiunto i suoi
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obiettivi e quindi è una tra virgolette ha sbagliato, è una persona sconfitta dove sono i vinti con
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chi sono i vincitori e quindi in qualche modo viviamo in questo torpore provinciale di indifferenza
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e in qualche modo di una sorta di accontentarsi delle cose e che si scontra automaticamente con
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una sorta di ambizione che uno ha, ma che cos'è l'ambizione, dov'è che finisce, chi è la persona
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fallita e chi è quella che è devastata dalla vita. In qualche modo ora non spiego nulla del film,
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queste sono le tematiche poi uno affronta e che io affronto nel successivo film, sempre con una
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sorta anche un po' di rabbia, verso il sistema sì, verso l'uomo sì, verso una società costantemente
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giudicante, non solo le piccole cose ma anche le grandi cose, si è costantemente sotto giudizio
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e quindi le persone sono costantemente sull'orlo del fallimento.
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A una stanzetta dell'ultimo piano, quando d'inverno al mio cuor si stringeva...
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Manga di Gito Taniguchi, che è l'uomo che cammina, sono delle vignette, sono 120 vignette di
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quest'uomo che si sveglia la mattina e cammina e succedono cose, ma succede che lui incontra un cane
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e se lo prende, succede che a un certo punto si siede al parco e guarda le foglie che volano e
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incontra una signora che era ritornata dopo tanto tempo, succede che va a comprare del pane e trova
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una conchiglia, insomma questo è il racconto e non è noioso, ecco queste piccole cose che poi in realtà
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appartengono alla provincia ma in realtà appartengono anche tanto alla città, però sono cose che poi
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sono piccole, sono piccolezze, sono banali e a me la banalità mi piace tanto e quindi credo che il
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fallimento e la banalità, l'ambizione che uno deve sempre avere si scontra spesso con la banalità,
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con questo dualismo e molte volte noi la giudichiamo la banalità senza... insomma chiamandola tale,
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chiamandola banalità, forse certe volte semplicemente, scusami il gioco di parole,
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è semplicità più che banalità, però molte volte non la confondiamo la semplicità con la banalità,
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forse chiamare banalità provocatoriamente e insistere nel dire ok mi piace la banalità,
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cerchiamo di rinvertire la rotta e di ritornare di nuovo sulla semplicità, poi la semplicità è una
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cosa difficilissima da raggiungere che l'obiettivo immagino e credo di tutti gli autori artisti e
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artiste. Come pioveva, come pioveva... grazie.
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