1 L’occhio si allunga verso l’orizzonte e poi è obbligato a salire, per continuare. Tutto oltre l’orizzonte diventa invisibile, lo si può solo immaginare. Vorresti vedere il futuro ma vedi solo il cielo. Nuvole soffici. Guarda – nuvole bianche e soffici. Guardarsi indietro è facile nel breve termine, ma alla lunga guardarsi indietro diventa un gioco oscuro. C’è la strada e c’è la storia di dove la strada porta, e poi ancora strada, il ruggito della statale, il ruggito della città che riluce da un capo all’altro. Ci dovrebbe essere un luogo. Nell’area di sosta, al ristorante, nel cavalcavia, al limitare dell’acqua… 2 Non era ancora morto, non esattamente: parti di lui erano già morte, di sicuro altre parti non erano che in attesa che accadesse qualcosa, qualcosa di grandioso, ma non si tratta sempre di me, continua a ripetere, per quanto parli dell’unica cosa che gli interessi – Potrebbe edificare una città. Ha una certa disposizione. C’è una nicchia nel suo petto in cui un cuore starebbe benissimo e così pensa che se riuscisse ad infilarcene uno: beh allora, game over. 3 Ti chiedi a cosa stia pensando quando trema così. Cosa puoi dirmi, cosa potresti mai dirmi? Certo, è bello riuscire a sentire le cose e se anche fa male, lo facciamo a noi stessi, o almeno così si dice, ma ci dovrebbe essere una musica diversa qui. Ci dovrebbe essere un solo luogo sicuro al mondo, voglio dire in questo mondo. La gente si fa male qui. La gente crolla così e così resta, e non mi piace come continua la canzone. Tu, la luna. Tu, la strada. Tu, i fiorellini al lato della strada. Tu continui a canticchiare quella canzone che io odio. Smettila di cantare.