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  • 12/08/2014
La vita riprende, a Gaza, con il cessate il fuoco iniziato lunedì. I mercati sono di nuovo riforniti di merce e gli abitanti cercano di ricominciare un’esistenza normale. Ma restano le difficoltà negli approvvigionamenti; non solo perché continua l’embargo imposto da Israele, ma anche perché buona parte dell’infrastruttura produttiva di Gaza è stata distrutta dagli attacchi di Tsahal.
Molti abitanti, che erano fuggiti dai bombardamenti israeliani, sono tornati e non hanno trovato più la loro casa.
Questa scuola gestita dalle Nazioni Unite serve ora da rifugio per chi non ha più un tetto.
“Vorremmo vivere come tutti, come si vive negli altri Paesi, con umanità e dignità – dice un anziano -. Noi invece siamo nella miseria, ci sentiamo abbandonati. Avevo un po’ di terra, è stata venduta per 38 mila dollari, ma io non ho visto un soldo. Anche stavolta mi è stato preso un piccolo appezzamento che mi restava, in cambio di niente”.
I bambini hanno pagato il prezzo più alto: rappresentano un terzo degli oltre 1900 morti durante l’ultima offensiva israeliana.
“I bambini piangono tutto il giorno – dice una madre -. Hanno mangiato cibo in scatola per quasi un mese, ora non c‘è granché da mangiare. Non riescono a dormire bene. E’ tutto così difficile”.
La speranza, per il milione e 800 mila abitanti di Gaza, è riposta nei negoziati del Cairo affinché si giunga a un accordo che possa garantire un periodo di pace.

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