Così il cotone «illegale» del Brasile arriva in Europa (e deforesta il Cerrado)

  • 17 giorni fa
Quando compriamo una maglietta o un asciugamano di cotone in una delle più note catene del fast fashion corriamo il rischio di sporcarci le mani con la deforestazione del Cerrado, l’immensa savana che si estende in Brasile a Sud dell’Amazzonia, la cui vegetazione conserva il 30 percento delle specie animali e vegetali del Brasile, un tesoro di biodiversità che sta scomparendo a ritmi ogni anno più allarmanti. A lanciare l’accusa contro le principali catene di fast fashion che operano anche in Italia è l’Ong inglese Earthsight, che ha pubblicato oggi il rapporto «Fashion Crimes», frutto di un anno di indagini sul campo e analisi di documenti e mappe satellitari in Brasile. Il gruppo di ricercatori ha tracciato 816 mila tonnellate di cotone esportate da alcune aziende brasiliane verso otto aziende in Asia, che hanno prodotto almeno dieci milioni di oggetti di abbigliamento o di arredo casa per i negozi delle più note catene di fast fashion in Europa e in Italia. Nel documento, l’organizzazione inglese racconta ad esempio gli illeciti di due grandi produttori brasiliani nello stato di Bahia, che occupano migliaia di ettari di quello che una volta era Cerrado con coltivazioni di soia (esportata in Europa e in Asia per fare mangimi), ma anche di cotone. Tra questi illeciti, l’organizzazione ha raccolto prove di deforestazione illegale e testimonianze di episodi di violenza verso comunità di piccoli agricoltori, cacciati con la forza dalle proprie terre o aggrediti da uomini armati. »Grandi aziende che producono cotone nello stato di Bahia, nel Cerrado, forniscono delle aziende di manifattura tessile in Asia, che a loro volta forniscono vestiti a grandi marchi del tessile in Europa», afferma Rubens Carvalho, vice direttore di Earthsight, in un’intervista al Corriere. «Il problema che abbiamo trovato è che queste aziende di cotone in Brasile sono implicate in una serie di illeciti, tra cui l’accaparramento di terre, la violazione dei diritti delle comunità locali, la deforestazione illegale, la corruzione». Attraverso l’analisi di una serie di infrazioni rilevate dalle autorità brasiliane, l’Ong dimostra nel rapporto il legame tra le aziende oggetto dell’indagine e la deforestazione illegale di almeno 100mila ettari di Cerrado. Indagini sul campo, poi, hanno permesso ai ricercatori di raccogliere le testimonianze di alcune comunità locali, allontanate dai propri territori di pascolo o di coltivazione dalle aziende, in quello che è noto come il fenomeno del «land grabbing», l’accaparramento di terre da parte di grandi gruppi dell’agribusiness. Le aziende del fast fashion citate dall’Ong hanno commentato l’indagine ammettendo di rifornirsi dai produttori di capi in Pakistan e Bangladesh coinvolti nell’inchiesta, che a loro volta importano parte del cotone dai produttori brasiliani. Le aziende hanno però detto che il cotone che utilizzano è sempre certificato da un ente brasiliano, «Better Cotton».«Dopo aver ricevuto la vostra comunicazione, ne abbiamo condiviso i contenuti con Better Cotton, che ha confermato che hanno avviato un’indagine in collaborazione con il loro partner locale Abrapa», si legge in una lettera di replica da parte di uno dei brand coinvolti. Secondo gli investigatori di Earthsight, il problema della filiera riguarda però proprio l’eccessiva fiducia da parte delle aziende occidentali in un sistema di certificazione fallace: «Si affidano a un sistema di certificazione chiamato Better Cotton, che dovrebbe garantire una certa sicurezza sulla sostenibilità e la legalità del cotone» afferma Carvalho. «Ma abbiamo dimostrato che non è così. La nostra ricerca mostra che il cotone certificato da Better Cotton è di fatto collegato con questi illeciti»Secondo Carvalho «in Brasile la stessa associazione di produttori (Abrapa, ovvero l’Associazione brasiliana di produttori di cotone, ndr) si occupa dello schema di certificazione» creando un conflitto di interesse in cui il controllore e il controllato sono lo stesso soggetto. Anche l’Abrapa ha risposto all’Ong con una lettera, in cui ha detto di affidarsi a enti terzi per eseguire i controlli sui propri associati. I dati della deforestazione nel Cerrado Nei giorni scorsi il World Resource Institute ha pubblicato i dati aggiornati della deforestazione tropicale in tutte le regioni del mondo. Secondo il dossier, il Brasile è ancora oggi il Paese al mondo con la peggiore deforestazione di foreste tropicali (1,14 milioni di ettari di Amazzonia persi nel 2023), ma ha segnato passi avanti importanti, con un calo del 36% rispetto al 2022, dovuto all’avvicendamento delle politiche del governo Bolsonaro con quelle del presidente Lula. Lo stesso rapporto denuncia però una tendenza opposta nel Cerrado, dove nel 2023 la deforestazione è aumentata per il quinto anno di fila (+6%), a causa principalmente della creazione di nuove s...