τροφήν, la prima Medicina: 'La steatosi epatica non alcolica: quando il fegato diventa grasso anche negli astemi'

  • 6 months ago
(Adnkronos) - La steatosi epatica non alcolica (Non-Alcoholic Fatty Liver Disease: Nafld), altrimenti nota come malattia del fegato grasso, nei Paesi industrializzati è certamente la malattia di fegato più comune tanto negli adulti, quanto begli adolescenti e perfino nei bambini. "E’ classicamente correlata a scarsa attività fisica e sovranutrizione e, in una percentuale rilevante di persone, assume le caratteristiche della Nash, ovvero la ‘steatoepatite non alcolica’ a sua volta caratterizzata da un danno infiammatorio tendenzialmente evolutivo verso forme ancora più severe di epatopatia cronica, come la cirrosi e fino al carcinoma epatico". 'La steatosi epatica non alcolica: quando il fegato diventa grasso anche negli astemi' è il tema della rubrica, "τροφήν, la prima medicina", condotta dall'immunologo Mauro Minelli della Fondazione per la Medicina Personalizzata. "Si differenzia dalla steatosi alcolica perché può colpire anche soggetti astemi ed ha alla base un accumulo nel fegato di trigliceridi in quantità superiore a quella che l'organo è in grado di smaltire. Tale sovraccarico funzionale può portare a sofferenza delle cellule epatiche e a conseguente patologia. Le cause e i fattori di rischio sono molteplici, per quanto la Nafld risulti spesso legata a obesità, diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica e si associ ad elevati livelli ematici di trigliceridi e colesterolo - prosegue Minelli - E d’altro canto che la Nafld sia correlata a turbe metaboliche è ampiamente segnalato dalla letteratura scientifica che evidenzia come, rispetto ad un 2,6% nella popolazione normopeso, la prevalenza di tale patologia aumenti al 24,6% in soggetti sovrappeso, fino a portarsi fino al 54% nei soggetti obesi".  "Appartiene anche ai dati forniti dalla ricca bibliografia disponibile sull’argomento la constatazione che, in ampie coorti di persone con diabete mellito di tipo 2, la Nafld abbia una prevalenza media di circa il 60%, più o meno in linea quindi con quanto osservato nella popolazione obesa - osserva l'immunologo - Proprio l’eterogeneità clinica della Nafld, unitamente alle sue acclarate comorbilità metaboliche, possono essere spiegate dall’influenza derivata tanto da fattori di rischio genetici, quanto da disbiosi del microbiota intestinale. Prima, studi su modelli animali hanno dimostrato un potenziale ruolo causale del microbiota intestinale nella Nafld. Poi, studi condotti su pazienti hanno chiaramente descritto alterazioni del microbiota associate alla Nafld, riportando anche alcuni precisi cambiamenti nella composizione della flora batterica intestinale che distinguevano individui sani da pazienti con Nafld, Nash o cirrosi. Non di rado la Nafld è associata ad alterazioni della barriera intestinale a conferma del cross-talk esistente fra intestino e fegato per il tramite del cosiddetto 'asse entero-epatico'".  "Ad oggi, non sono disponibili terapie efficaci per il trattamento della Nafld e la modulazione del microbiota intestinale per prevenire o curare la malattia è una delle opzioni che suscitano maggiore interesse, magari col supporto di precisi modelli dietetici che, opportunamente modulati, possono ancora disegnare opportune strategie di prevenzione e di controllo", conclude Minelli.

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